Petrini denuncia il ”veleno nascosto nella terra”, ma gli agricoltori hanno già voltato pagina

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Come succede da decenni sui quotidiani e sulle reti televisive, anche coloro che dovrebbero conoscere un po’ di più gli agricoltori e il loro pestar terra quotidiano, dimostrano di non sapere cosa davvero si fa oggi in campo. L’ultimo esempio viene da un articolo scritto nei giorni scorsi per La Repubblica da Carlo Petrini, fondatore di Slow Food, che sulla base di un rapporto della Fao, denuncia il forte livello di inquinamento e di degradazione dei suoli coltivati. Un problema che coinvolge tutti, ma sempre e comunque ignorato e sottovalutato, dice lui.

La scoperta dell’acqua calda

«Il suolo – scrive Petrini – è una risorsa limitata non rinnovabile, che gioca un ruolo cruciale per la nostra sopravvivenza e dal suo stato di salute dipende la biomassa vegetale su cui si sostiene tutta la catena alimentare». Il fondatore di Slow Food poi si domanda: «Come nutrire il pianeta senza capire che per farlo occorre nutrire prima di tutto l’humus, risorsa senza la quale il genere umano non potrebbe alimentarsi?».

Sin qui siamo tutti d’accordo, ma poi Petrini aggiunge: «Il suolo non è soggetto a norme coerenti nei Paesi Ue e le politiche europee esistenti in altri settori non sono sufficienti a garantire un elevato livello di protezione per tutti i suoli in Europa. Urge un cambio di marcia».

Per Petrini la Pac non esiste?

Petrini forse ignora che proprio il suolo è protagonista di primo piano della Politica Agricola Europea 2014-2020 e lo sarà ancora di più nella nuova Pac 2021-2027. Dunque i governi, perfettamente consapevoli delle gravi problematiche che coinvolgono i suoli agrari europei, si sono già mossi con misure concrete ed efficaci che stanno già dando i loro frutti. Come? Sostenendo gli agricoltori virtuosi, che non sono solo quelli amici di Carlin Petrini, ma tantissimi altri che producono le commodities indispensabili alla nostra esistenza e che da anni hanno voltato pagina e vedono di anno in anno aumentare la fertilità dei loro terreni.

Il suolo, per l’aumento della sua fertilità chimica e fisica, è stato infatti il destinatario di sovvenzioni comunitarie assai consistenti previste dai Psr (Piani di Sviluppo Rurale), a favore degli imprenditori agricoli che hanno abbandonato le vecchie pratiche di lavorazione del terreno per sostituirle con sistemi alternativi e sostenibili, limitando inoltre l’uso della chimica con l’utilizzo dei nuovi strumenti dell’agricoltura di precisione.

Si torni a pestare la terra

Petrini, insieme agli altri giornalisti della stampa quotidiana e delle reti televisive che non perdono occasione per criminalizzare chi lavora in campagna, dovrebbero smetterla di considerare ancora oggi il nostro agricoltore che produce colture estensive (grano, mais, orzo, soia, girasole e via dicendo) come un irriducibile “inquinatore e predatore di fertilità”, perché questa è ormai storia passata. Questi soggetti dovrebbero piuttosto onorare meglio il loro mestiere andando a pestare un po’ la terra insieme agli agricoltori e ai contoterzisti che lavorano tutti i giorni il campo con sofisticate e innovative tecnologie, proprio per garantire al consumatore – Petrini compreso – cibi sani e di qualità, salvaguardando al contempo il bene più prezioso che hanno, cioè la loro terra.

Roberto Bartolini

Laureato in agraria all'Università di Bologna, giornalista professionista dal 1987, ha lavorato per 35 anni nel Gruppo Edagricole di Bologna, passando dal ruolo di redattore a quello direttore editoriale. Per oltre 15 anni è stato direttore responsabile del settimanale Terra e Vita. Oggi svolge attività di consulenza editoriale e agronomica, occupandosi di seminativi e di innovazione tecnologica.


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