Roberto Bartolini3 Ottobre 20155min5220

Soia 2015, i soliti ‘gufi’ si divertono a smontare una coltura strategica per l’Italia

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L’Europa ha varato un progetto sulle proteine vegetali e sostiene le proteoleaginose addirittura con aiuti diretti, la soia viene considerata una coltura di importanza strategica e l’Italia si trova nella condizione ci importare circa il 90% del suo fabbisogno e per di più tutta rigorosamente OGM. Quest’anno finalmente l’agricoltore italiano ha puntato sulla soia: l’annata in effetti non è stata molto favorevole, ma dopo un solo anno dal suo ritorno in campo, ecco che il settimanale Terra e Vita spara sulla soia, mettendone in dubbio addirittura la convenienza per le prossime semine 2016.

Ma che razza di giornalismo è questo?

Purtroppo anche la cosiddetta stampa tecnica si diverte a scimmiottare l’andazzo per nulla edificante che caratterizza da tempo i quotidiani e la televisione nazionali, i quali, alla ricerca sfrenata di lettori e audience, ritengono che il loro compito sia solo quello di essere sempre e comunque “contro”. Ma di fatto riportano solo critiche e stigmatizzano ogni giorno solo ciò che non funziona.

È vero che la stampa è fatta per criticare e stimolare, ma non solo per questo: dovrebbe anche dare conto di ciò che invece funziona o che potrebbe funzionare meglio con una correzione di rotta. Insomma, invochiamo un po’ di sano e robusto senso costruttivo al posto di quello distruttivo che ci caratterizza e che ci fa del male.

L’annata è stata sfavorevole, ma i conti pubblicati non sono la media

E veniamo al “caso soia”, con l’articolo a firma di Massimo Battisti che sottolinea a chiare lettere, conti alla mano, che la soia 2015 è stata un vero disastro. A fronte di un costo di coltivazione stimato in 1.595 euro/ha, con i prezzi attuali – dice l’autore – l’agricoltore se la cava solo se porta a casa 49 ql/ha, altrimenti produce in perdita. E le produzioni di quest’anno, aggiunge, si sono aggirate tra 3 e 4 tonnellate a ettaro. Quindi le conclusioni dell’autore sono che gli agricoltori si domandano perché continuare a produrre in queste condizioni.

Che l’annata non sia stata favorevole nessuno lo discute, ma da qui a mettere in dubbio la coltivazione della soia nel 2016 si commette davvero un errore tecnico e di comunicazione che non fa altro che aumentare la confusione tra i nostri agricoltori.

Nel 2016 insistiamo sulla soia, coltura centrale della rotazione

Primo: un solo anno di produzione non dice nulla perché una coltura va valutata almeno in un triennio, e comunque la soia, non solo per via del greening, deve rimanere un caposaldo della diversificazione soprattutto per motivi agronomici. Molta soia è stata già raccolta ma molta ancora rimane da raccogliere e quindi le produzioni indicate non costituiscono già una media nazionale.

Secondo: pubblicare un conto colturale spacciandolo come nazionale è fuorviante, soprattutto quando le innovazioni tecnologiche hanno permesso anche quest’anno a molte aziende di produrre bene la soia spendendo, irrigazione compresa, 1200-1300 euro/ha. Senza contare che sui secondi raccolti il costo di coltivazione non va oltre 850 euro/ha. Quindi il risultato economico finale è ben diverso da quello indicato.

Terzo: invece di porre il dubbio angoscioso “soia sì soia no”, le nostre energie tecniche e divulgative vanno spese per dire agli agricoltori come si fa ad aumentare le rese e abbassare i costi, visto che non si tratta di pure fantasie, bensì di belle realtà operative, come dimostrano molte aziende agricole italiane che hanno intrapreso con successo percorsi colturali innovativi.

Una raccomandazione finale: agli agricoltori mancano riferimenti tecnici e gestionali affidabili, quindi evitiamo di aggiungere altre incertezze all’orizzonte sparando inutilmente sulla croce rossa. Perché la soia è una coltura fondamentale per il nostro paese e per la nostra agricoltura e l’unico obiettivo deve essere quello di impegnarci tutti a farla il meglio possibile, unendo le forze e le competenze in un’ottica di filiera economicamente sostenibile.

Roberto Bartolini

Laureato in agraria all'Università di Bologna, giornalista professionista dal 1987, ha lavorato per 35 anni nel Gruppo Edagricole di Bologna, passando dal ruolo di redattore a quello direttore editoriale. Per oltre 15 anni è stato direttore responsabile del settimanale Terra e Vita. Oggi svolge attività di consulenza editoriale e agronomica, occupandosi di seminativi e di innovazione tecnologica.


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