Tomasoni: “L’obbligo di rotazione andrebbe eliminato per gli allevatori”

gianfranco-tomasoni-allevatore

«Semino principalmente mais, e poi grano, sorgo, soia, orzo e un po’ di medica, tutti destinati all’alimentazione delle mie stalle da carne e da latte. Su oltre 300 ettari quest’anno ho acquistato solo 300 quintali di urea, perché tutta la concimazione si basa sul letame dei miei animali. La mia azienda è un esempio virtuoso di economia circolare: dalla terra traggo gli alimenti per gli animali ma non la depaupero, perché restituisco fertilità e sostanza organica con il letame, minimizzando la chimica. Quindi non posso accettare l’obbligo di rotazione che mi impone la Pac dal 2024 con la BCAA 7. Per questo ho deciso di rinunciare dal prossimo anno alla Pac, che nel mio caso vale 120 euro/ha». È una presa di posizione precisa quella di Gianfranco Tomasoni, allevatore di Portomaggiore (Ferrara), dove coltiva oltre 300 ettari e alleva 1500 capi che si sommano ad altri 1000 dell’altra azienda in provincia di Brescia, come avevamo raccontato in un precedente articolo.

 

Ecco l’oro di Tomasoni, il prezioso letame che permette di mantenere alta la fertilità della terra e minimizzare l’uso di concimi chimici.

 

«Chi alleva, e quindi ha a disposizione sostanza organica proveniente dalle deiezioni e/o dagli impianti di biogas da destinare alla terra, dovrebbe essere esentato dall’obbligo di rotazione imposto dalla BCAA 7 della nuova Pac, perché non impoverisce un bel nulla, bensì addirittura aumenta la fertilità dei suoi appezzamenti», sostiene Tomasoni. «Con il letame che abbiamo a disposizione e che interriamo ogni anno con l’aratura prima delle semine dei primi raccolti, anche una rotazione stretta e ripetuta di mais su mais non provoca alcun sconvolgimento agronomico, e lo dimostrano le nostre produzioni annuali. D’altra parte non posso pensare di rinunciare ogni anno a una quota di mais, oppure seminarlo in una parte dell’azienda dove magari non ho l’irrigazione per rispettare la BCAA 7, rischiando così di non produrre e di dover ricorrere ad acquisti extra aziendali che al momento, nella mia azienda, riguardano solo 1 kg di nucleo per la razione giornaliera».

 

Mais di secondo raccolto seminato su minima lavorazione con l’erpice Qualidisc di Kverneland, dopo orzo.

 

Tomasoni, il suo è un pensiero personale oppure comune anche tra gli altri allevatori?

«La pensiamo tutti così e ci mettiamo dentro anche gli allevatori di suini, più che convinti del vantaggio di non fare domanda Pac nel 2024. Come si fa a rinunciare al mais, oppure non riuscire a coltivarlo sulla terra migliore o dove arriva l’irrigazione, perché lì lo abbiamo già coltivato l’anno prima? È un’assurdità!».

 

Il mulino aziendale di Tomasoni per macinare le granelle di orzo, grano e sorgo.
Il grano di Tomasoni, quest’anno con una produzione di 57 ql/ha con solo 50 kg/ha di urea, ma tanto letame.
La farina macinata dal mulino

 

Ma ci sarebbe la possibilità di interrompere la monosuccessione con la semina di una coltura secondaria, per poi riseminare mais l’anno successivo?

«A Portomaggiore non siamo a Brescia, dove fanno loietto e mais oppure si seminano miscugli autunnali come coltura secondaria. Qui abbiamo terre forti, difficili, che vanno rispettate e lavorate al momento giusto e in un certo modo, quindi bisogna ragionare in modo diverso».

Dunque tutta aratura, sempre e comunque?

«Aratura a 25 cm con interramento del letame per i primi raccolti e minima lavorazione con l’erpice a dischi Kverneland Qualidisc per i secondi raccolti».

 

Il grano di Tomasoni anche quest’anno è sanissimo, nonostante non sia stato fatto alcun intervento fungicida.
Sorgo di secondo raccolto seminato a fine aprile con un diserbo di post-emergenza e concimazione solo a base di letame.

 

Da qualche anno sta applicando l’agricoltura di precisione. Con quali risultati?

«Con Pioneer abbiamo mappato i terreni, quindi stiamo applicando la semina a dose variabile del mais con la seminatrice Kverneland Optima V e la concimazione minerale (per quel poco che facciamo) con lo spandiconcime Geospread. Si tratta di un’ottimizzazione convincente dell’uso dei mezzi tecnici, che va anche nella direzione di tracciare tutto quello che facciamo in campo, dato che siamo in filiera con Coop Italia per la linea carne Fior Fiore, e quindi perseguiamo la massima sanità dei raccolti e la salubrità degli animali. Occorre implementare la tracciabilità di tutto quello che si fa: la base di partenza sono gli alimenti di prima qualità, autoprodotti sui nostri terreni, e per questo mi sono dotato del sistema IsoMatch FarmCentre di Kverneland, che immagazzina tutti i dati che mi occorrono e che mi consente una facile gestione della flotta e degli appezzamenti».

Roberto Bartolini

Laureato in agraria all'Università di Bologna, giornalista professionista dal 1987, ha lavorato per 35 anni nel Gruppo Edagricole di Bologna, passando dal ruolo di redattore a quello direttore editoriale. Per oltre 15 anni è stato direttore responsabile del settimanale Terra e Vita. Oggi svolge attività di consulenza editoriale e agronomica, occupandosi di seminativi e di innovazione tecnologica.


Lascia un commento

Il tuo indirizzo mail non sarà pubblicato I campi obbligatori sono contrassegnati


Chi siamo

Nato nel 2014, Il Nuovo Agricoltore è un portale informativo dedicato all’agricoltura, con un occhio di riguardo alle innovazioni tecnologiche. Il progetto è sviluppato da Kverneland Group Italia.


CONTATTACI