La nuova Pac continua a premiare le leguminose da granella: vediamo come

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Soia al Nord, proteoleaginose in Toscana, Umbria, Marche e Lazio e proteaginose in Abruzzo, Molise, Campania, Puglia, Basilicata, Calabria, Sicilia e Sardegna. Queste colture godono di due premi Pac – quello accoppiato e quello relativo al greening – perché sono considerate valide, in quanto azotofissatrici, come colture destinate alle superfici a Efa (cioè le aree di interesse ecologico).

Quali colture vengono premiate

Innanzitutto vediamo in particolare quali colture godono del premio accoppiato, che è pari a circa 60 euro/ha. I conti definitivi il Mipaaf li deve ancora fare.

  • Proteoleaginose: girasole, colza, leguminose da granella (pisello, fava, favino, favetta, lupino, fagiolo, cece, lenticchia e vecce) ed erbai annuali di sole leguminose.
  • Proteaginose: leguminose da granella (vedi sopra) ed erbai annuali di sole leguminose.

La soia invece riceve un pagamento accoppiato di 97 euro/ha per i primi dieci ettari; e per la parte eccedente solo il 10% della superficie.

Proteoleaginose e proteaginose sono aumentate quest’anno di oltre 7000 ettari, per un totale su base Italia di 74.000 ettari; mentre per la soia c’è stata un’autentica esplosione di ettarato che ha raggiunto e forse superato i 350 mila ettari.

Quali vantaggi portano queste colture

I principali vantaggi che portano le leguminose da granella sono la possibilità di migliorare l’ordinamento produttivo – stimolando la rotazione tra colture depauperanti e colture da rinnovo – l’interruzione della monosuccessione di cereali e i benefici ambientali quali:

  • Migliorare la struttura e la fertilità del suolo.
  • Ridurre l’impiego di fitofarmaci e agrofarmaci.
  • Evitare i rischi di depauperamento del terreno a causa della monosuccessione.

Senza considerare che queste colture sono strategiche per il nostro paese, fortemente deficitario di proteine vegetali, tanto che siamo costretti a importarle per gran parte del nostro fabbisogno.

Ma sono colture che danno un reddito adeguato?

Fino a qui tutto bene. Ma all’agricoltore queste colture rendono dal punto di vista economico? Angelo Frascarelli dell’Università di Perugia sostiene che le leguminose da granella presentano dei redditi lordi mediamente inferiori ai cereali, anche se ci sono forti differenze a seconda gli areali di produzione e alle specie coltivate; per esempio cece e lenticchia, che hanno per destinazione il consumo umano, sono per l’agricoltore molto più remunerative di altre specie, così come le leguminose destinate al mercato bio.

I conti vanno fatti anche sulle colture che seguono le proteiche

Se tuttavia il puro e semplice bilancio economico tra costi e ricavi è prossimo al pareggio, l’agricoltore dovrebbe considerare queste colture a livello pluriennale, tenendo conto della rotazione con i cereali: allora i conti cambiano.

Infatti le proteiche assicurano un risultato economico accettabile se si tiene conto dei migliori risultati economici che si ottengono dalle colture cerealicole che seguono queste colture nella rotazione. Inoltre non c’è alcun dubbio che, applicando l’innovazione tecnologica nei percorsi agronomici mirati, si possono migliorare parecchio le rese delle proteiche, ricercando anche le varietà più adatte all’ambiente dove vengono coltivate.

In conclusione, grazie alla nuova Pac le leguminose da granella sono tornate a raccogliere un certo interesse da parte degli agricoltori e questa occasione non va sprecata, perché si tratta di produzioni molto importanti per il nostro paese e che quindi debbono rimanere ben presenti nell’avvicendamento.

Roberto Bartolini

Laureato in agraria all'Università di Bologna, giornalista professionista dal 1987, ha lavorato per 35 anni nel Gruppo Edagricole di Bologna, passando dal ruolo di redattore a quello direttore editoriale. Per oltre 15 anni è stato direttore responsabile del settimanale Terra e Vita. Oggi svolge attività di consulenza editoriale e agronomica, occupandosi di seminativi e di innovazione tecnologica.


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