Roberto Bartolini30 Marzo 20225min19380

Nuove sementi NBT, da mostri a salvatori della patria

nbt

Se vogliamo continuare a dare da mangiare ai nostri allevamenti e avere cibo garantito anche per noi umani, sarà bene una volta per tutte toglierci quella benda dagli occhi che per decenni ci ha precluso l’utilizzo in campo di sementi OGM e oggi delle NBT (New breeding techniques), le tecnologie di miglioramento genetico di ultima generazione.

In Italia e in Europa siamo anche tutti molto ipocriti, perché abbiamo sempre fatto finta di non sapere che la maggior parte della soia che entra nel nostro continente e che vene utilizzata nei mangimi è OGM. Quindi è da decenni che anche le nostre eccellenze agroalimentari che tutto il mondo ci invidia, in un modo o nell’altro hanno avuto a che fare con i tanti bistrattati OGM. E adesso, a causa della guerra scoppiata al centro dell’Europa, saremo costretti a importare anche il mais dalle Americhe; perciò come faremo, dal momento che laggiù è tutto OGM o quasi? Faremo come abbiamo fatto con la soia: chiudiamo tutti e due gli occhi e vanti coi carri, altrimenti non si mangia.

Liberalizzare i nuovi ritrovati genetici

Ma dobbiamo fare ancora un passo in avanti e cioè combattere per la liberalizzazione delle nuove sementi NBT, cominciando a rimuovere gli assurdi veti legislativi europei che ancora li accomunano agli OGM, quando OGM non sono affatto.

Basta con le chiacchiere: in un mese, da quando è scoppiata la guerra in Ucraina, il mondo non è più lo stesso e non lo sarà più per sempre. La globalizzazione estrema che ha coinvolto le nostre materie prime (grano, mais, soia, girasole, orzo, eccetera) deve considerarsi un errore epocale e bisogna correre ai ripari. Non possiamo più affidare ad altri la maggior parte del nostro approvvigionamento di materie prime strategiche e vitali. Quindi dobbiamo produrre di più e dato che la terra buona in Italia non è poi così tanta, occorre utilizzare al meglio tutto ciò che la scienza ci mette a disposizione su un piatto d’argento, come per esempio le sementi NBT.

Tecniche semplici, veloci e poco costose

Le due tecniche NBT esistenti, la cisgenesi e il genome editing, sono semplici, veloci e poco costose, quindi sono accessibili anche a piccole aziende sementiere e di istituti di ricerca che in Italia non mancano di certo. Ma i costi di produzione e di sperimentazione richiesti dall’attuale normativa UE restano enormi, perché questi nuovi prodotti sono ancora equiparati agli OGM: l’impegno economico richiesto va da 30 a 60 milioni di euro.

La differenza tra OGM e NBT

Qual è la differenza tra OGM e NBT? Negli OGM i geni inseriti nella pianta sono batterici, mentre con gli NBT si modificano in maniera chirurgica le singole basi del dna, portando caratteri nuovi ma all’interno della stessa specie o da una specie con cui è incrociabile. Insomma, si inducono modificazioni del tutto simili a quelle che si sono sempre ottenute dai tradizionali incroci con varietà della stessa specie che si ritenevano migliori.

I vantaggi degli NBT

Ma perché dobbiamo puntare sulle sementi NBT? Come confermano gli agricoltori americani e canadesi che utilizzano da anni queste nuove sementi di mais, soia, pomodori, colza eccetera, le piante sono molto meno suscettibili agli stress e agli attacchi parassitari, manifestando maggiore resistenza alla siccità e quindi minori richieste di acqua irrigua e anche di fertilizzanti. Inoltre la granella si presenta alla raccolta molto più sana e le produzioni unitarie sono superiori rispetto a quelle che si ottengono dalle sementi tradizionali.

Ci sembra ci siano abbastanza motivazioni più che plausibili per spalancare le porte a questi ritrovati genetici, che consentirebbero anche di diminuire di colpo l’uso della chimica in agricoltura. Auguriamoci che la politica rimuova veti e pregiudizi per guardare con più fiducia alla scienza.

Roberto Bartolini

Laureato in agraria all'Università di Bologna, giornalista professionista dal 1987, ha lavorato per 35 anni nel Gruppo Edagricole di Bologna, passando dal ruolo di redattore a quello direttore editoriale. Per oltre 15 anni è stato direttore responsabile del settimanale Terra e Vita. Oggi svolge attività di consulenza editoriale e agronomica, occupandosi di seminativi e di innovazione tecnologica.


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