Come si farà a correggere il piano agricolo bocciato dall’Ue?
Il documento di 40 pagine della Commissione Ue contenente oltre 240 osservazioni molto critiche sul piano agricolo italiano per la Pac 2023-2027 non ha impensierito più di tanto i nostri vertici istituzionali, tant’è che la prima riunione collegiale per discutere il da farsi è stata convocata senza fretta. Gli strali si sono scagliati contro i vertici e i funzionari del Mipaaf, ma i bene informati sostengono che l’origine di tutti i nostri guai vada ricondotta al decentramento decisionale troppo sbilanciato sulle Regioni.
In effetti è stata una scelta scellerata quella di non prevedere una centralizzazione delle decisioni strategiche anche di politica agricola sul Mipaaf, lasciando alle Regioni e alle altre istituzioni solo i compiti consultivi. Invece quello che accade puntualmente è che il Mipaaf può svolgere solo un ruolo di mediazione tra le varie istanze sempre divergenti di una moltitudine di Regioni armate l’una contro l’altra, i cui rappresentanti al tavolo delle decisioni hanno come unica finalità l’interesse proprio, anziché quello della nazione. Una babele di richieste più o meno lecite e congrue che nulla hanno a che fare con gli obiettivi di nuova politica agricola che l’Italia ha il dovere di darsi, non solo per rispondere alle istanze indicate da Bruxelles ma soprattutto per far fronte a una serie di emergenze che fanno tremare le vene e i polsi e stano mettendo in serie difficoltà mai incontrate prima d’ora dai nostri imprenditori agricoli.
Un nuovo modo di procedere nella catena delle decisioni richiederebbe però una modifica costituzionale, per ridurre quello che è a tutti gli effetti lo strapotere dannoso delle Regioni.
Gli esperti vengono lasciati a casa
Per tornare al piano agricolo tanto contestato da Bruxelles, stante la situazione descritta, riteniamo sia molto complicato portare a compimento un reale cambio di passo come ci viene chiesto dalla Commissione. Certamente qualcosa verrà cambiato e aggiunto, ma temiamo che alla fine sarà più una serie di pennellate di “facciata” più che cambiamenti radicali. Ma poi l’Ue vorrà e potrà contestare nuovamente?
Inoltre risulta oltremodo incomprensibile che l’offerta di fattiva collaborazione al Mipaaf offerta da un pool di esperti, che hanno avuto la possibilità di esporre in una audizione alla commissione agricoltura della Camera dei Deputati una serie di ottime e illuminate indicazioni operative, sia rimasta una voce nel deserto. Purtroppo in Italia funziona così: la casta dei burocrati di Stato non vuole ingerenze, soprattutto se riguardano persone professionalmente preparate e di alto profilo, capaci forse di oscurarli per l’eternità. Meglio invece circondarsi di mediocrità per salvare sempre e comunque la poltrona.