Roberto Bartolini17 Aprile 20205min13911

Coronavirus e zootecnia padana: la disinformazione di Report su Rai3

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L’ignoranza (dal verbo “ignorare”) dovrebbe fare a cazzotti con la professione giornalistica, invece puntualmente quando si parla di agricoltura (quella professionale e non quella “della domenica”), ignoranza e giornalismo vanno sempre a braccetto, senza alcuna eccezione. Televisioni, giornali, radio… tutti i media sono accomunati da una medesima matrice: non conoscono, e quindi ignorano, come si lavora davvero nelle nostre campagne, con quali mezzi, con quali tecnologie, con quali obiettivi e con quali risultati.

Perché l’agricoltura non attira un’informazione corretta?

Sembra paradossale che nell’era dell’informazione globale, nessun giornalista che non sia specializzato in agricoltura, abbia la curiosità di andare a vedere con serietà professionale sul campo cosa fanno agricoltori e allevatori e se davvero hanno abbandonato la zappa. Il guaio è che le rarissime volte che pestano terra…. pestano solo liquame, come è accaduto alla recente trasmissione di Report su Rai 3, che ha maldestramente sentenziato come la diffusione così virulenta del coronavirus in Lombardia abbia legami molto stretti con l’inquinamento causato dagli allevamenti intensivi e dalla distribuzione a cielo aperto dei liquami.

Innanzitutto i dati ambientali dimostrano che da quando siamo in quarantena tutti i valori di inquinamento sono crollati, a dimostrazione che vacche e maiali, rimasti sempre al loro posto, non influenzano la qualità dell’aria, a differenza delle industrie e dei trasporti su gomma che in questi giorni sono fermi al palo. Ma anche ammesso che in campagna, come accade d’altronde in tutti i settori, ci siano ancora alcune pecore nere, ci domandiamo perché Report non abbia dato voce anche agli imprenditori agricoli, cioè la maggioranza, che applicano le buone pratiche agricole e tutti gli standard che fanno capo al benessere animale,

La professione giornalistica mette al primo posto l’obbligo della par condicio e dell’obiettività: bisogna offrire al pubblico testimonianze obiettive, anche se a volte contrapposte.

L’agricoltura fa notizia solo se inquina

Ma Report l’obiettività pare non rispettarla, anzi sembra raggiungere l’estasi informativa se riesce a scovare solo, sempre e comunque i dati negativi, gli aspetti più bui e controversi di una questione, dimenticando colpevolmente di proporre ai telespettatori  anche le realtà positive che fanno da contraltare e che sono poi la maggioranza. Questo almeno vale senza tema di smentita per il settore agricolo, verso il quale un’informazione corretta e imparziale alla cosiddetta “signora Maria” è più che mai opportuna, dato che nessun cittadino, oltre che i giornalisti, conosce quello che fanno davvero i nostri agricoltori.

L’agricoltura, sui media non tecnici, fa notizia solo se inquina, se avvelena, se guasta gli equilibri del pianeta, se mette a rischio la biodiversità.

In Lombardia c’è il più alto tasso di innovazione tecnologica

Per rimanere in tema, nessuno pensa di dire alla “signora Maria” che proprio in Lombardia troviamo il più alto tasso di innovazione tecnologica applicata all’agricoltura e all’allevamento estensivi, guarda caso proprio quelli messi in croce da Report. Perché i giornalisti di Report non vanno a documentare, per esempio, i sistemi di distribuzione interrata di liquami e digestati che evitano l’inquinamento dell’aria, le tecniche di lavorazione sostenibile dei terreni al posto delle arature che azzerano l’emissione di CO2, abbassano del 70% il consumo di gasolio e aumentano la salute dei nostri terreni, i sistemi di precisione collegati ai gps per distribuire agrofarmaci e concimi solo nelle giuste dosi senza sprechi o maldestre distribuzioni nelle aree sensibili, oppure tutte le tecnologie applicate agli allevamenti per rispettare i dettami del più totale benessere animale, gestione delle deiezioni comprese?

Perché continuiamo a farci del male?

Infine rimane un mistero che una trasmissione italiana, confezionata da italiani, getti fango su un comparto come quello agrozootecnico, che è un indiscusso fiore all’occhiello nazionale, invidiato dal mondo intero perché fa rima con Parmigiano Reggiano, Grana Padano, Prosciutto di Parma, solo per citarne tre.

È proprio vero: non smetteremo mai di tirarci la zappa sui piedi, anche in tempi bui come gli attuali, quando dovremmo fare tutti squadra. Tutti uniti? Ma dove? In quale galassia?

Roberto Bartolini

Laureato in agraria all'Università di Bologna, giornalista professionista dal 1987, ha lavorato per 35 anni nel Gruppo Edagricole di Bologna, passando dal ruolo di redattore a quello direttore editoriale. Per oltre 15 anni è stato direttore responsabile del settimanale Terra e Vita. Oggi svolge attività di consulenza editoriale e agronomica, occupandosi di seminativi e di innovazione tecnologica.


Un commento

  • robert

    11 Febbraio 2021 at 9:14 pm

    Ma i liquami non inquinano l falde acquifere?

    Rispondi

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