Cover crops, come effettuare la giusta scelta della specie

Non solo gli agricoltori innovatori, ma anche coloro che non vogliono ancora abbandonare il “sacro aratro” e quelli che si sono votati al biologico, cominciano ad apprezzare le molte virtù delle cover crops o “colture di copertura”: apporto di sostanza organica e di nutrienti, freno all’erosione e alla lisciviazione dei nitrati, miglioramento della struttura del terreno, aumento della vita microbiologica del suolo attivo e riduzione dei fenomeni di compattamento con una migliore lavorabilità anche dei terreni più difficili. Ma il problema numero uno per chi vuole cominciare a utilizzare le cover crops è la scelta della specie.
Se ne è discusso nel corso dell’ormai tradizionale appuntamento convegnistico di dicembre organizzato da Condifesa Lombardia Nord Est, che quest’anno si è svolto in forma di webinar.
Come scegliere la specie di cover crops
Per poter scegliere la giusta specie di cover crops, occorre partire dalla tipologia della propria azienda e dai relativi obiettivi.
- L’azienda cerealicolo-zootecnica deve valorizzare il refluo e ridurre il compattamento del suolo.
- L’azienda cerealicola deve incrementare il tasso di sostanza organica e dei nutrienti e migliorare la qualità globale dei terreni.
- L’azienda biologica deve ridurre la pressione delle infestanti.
Tutti questi obiettivi sono raggiungibili con le diverse specie di cover crops oggi più coltivate, che hanno le seguenti caratteristiche:
- Senape bianca e rafano (brassicacee): sono gelive, quindi non necessitano di glifosate per la loro terminazione a fine inverno e hanno un rapido sviluppo. Efficaci per l’ampia copertura del suolo e il notevole apporto di biomassa, possono esercitare azioni specifiche come la biofumigazione, l’azione nematocida e la decompattazione del suolo.
- Veccia villosa e del Bengala e trifoglio alessandrino (leguminose): incrementano soprattutto l’azoto nel suolo, hanno capacità di azotofissazione e ricacciano a primavera. Vanno seminate presto in autunno, ma hanno un accrescimento lento.
- Avena strigosa e segale (graminacee): presentano uno sviluppo rapido e producono una grande quantità di biomassa. Strutturano bene il suolo, limitano le perdite di azoto per lisciviazione e contengono molto bene le infestanti.



I risultati di tre prove in campo delle cover crops nel 2019/2020
La prima prova realizzata da Condifesa Lombardia ha riguardato il confronto tra senape bianca e avena strigosa da sole e in miscuglio, in confronto a terreno nudo, con semina il 13 settembre 2019 e terminazione il 12 marzo 2020.
- Biomassa. La produttività delle cover espressa come biomassa (= tonnellate di sostanza secca per ettaro) ha evidenziato che la senape il 2 dicembre 2019 aveva sviluppato circa 3 t/ha contro 2 t/ha dell’avena e 2,5 del miscuglio, mentre al 9 marzo 2020 la senape con l’azione dell’inverno era scesa a 1 t/ha e l’avena e il miscuglio a 1,5 t/ha.
- Infestanti. Molto interessante l’azione di soffocamento delle infestanti, dove la senape si è comportata meglio dell’avena e del miscuglio tra le due.
- Mais in successione. Altra osservazione pratica importante: il mais da trinciato seminato dopo la terminazione delle cover crops ha prodotto di più in successione al miscuglio senape-avena (30,5 t/ha di sostanza secca), ma con lievi differenze produttive di appena 2-3 tonnellate rispetto alle singole cover.


La seconda prova ha riguardato un confronto tra cover estive: sorgo bicolor + sorgo sudanense, crotalaria e miscuglio sorghi-crotalaria. La semina è avvenuta il 22 luglio 2020 e la terminazione il 15 settembre 2020.
- Biomassa. Per quanto riguarda la produzione di biomassa delle cover, la crotalaria ha prodotto poco più di 5 t/ha di sostanza secca contro 4,70 dei sorghi e del miscuglio.
- Infestanti. Per quanto riguarda l’azione soffocante nei confronti delle malerbe, la crotalaria è andata meglio del sorgo e del miscuglio, con una differenza molto significativa rispetto al controllo del terreno nudo.
La terza e ultima prova ha studiato gli effetti di diverse cover crops sulla resa della soia e sulle emissioni di ossido di azoto (N2O). La prova ha riguardato segale, veccia villosa, rafano (Daikon) e un miscuglio di otto specie: segale 45%, avena strigosa 5%, avena sativa 5%, veccia vellutata 15%, veccia comune 15%, trifoglio incarnato 5%, trifoglio squarroso 5%, rafano 5%.
- Resa. L’accoppiata segale+rafano ha esercitato il maggior effetto sulla resa della soia. Al secondo posto si è piazzato il miscuglio di otto specie e al terzo, pari merito, la veccia da sola e l’accoppiata segale+veccia. L’effetto più blando sulla resa della soia in successione alla cover si è riscontrato con la semina del rafano.
- Emissioni di gas serra. Per quanto riguarda il contenimento delle emissioni di gas climalterante N2O, la segale ha avuto l’effetto migliore, seguita da veccia+rafano e segale+veccia.
Questo test diventerà molto importante in funzione della nuova Pac 2023-2027, che premierà la capacità delle aziende agricole di limitare le emissioni di gas serra in atmosfera (vedi articolo »).
Il terreno è un bene primario da preservare
L’interesse per la coltivazione delle cover crops al fine di mantenere i terreni sempre coperti di vegetazione tra una coltura da reddito e la successiva sta aumentando anno dopo anno, perché gli agricoltori si stanno accorgendo dei reali benefici che queste colture “a perdere” apportano ai loro terreni. Ricordando che è il terreno il bene primario per l’agricoltore, che ha il dovere ma anche l’interesse a migliorarlo anno dopo anno.