“Il sodo funziona, ma se il terreno è troppo duro, scelgo lo strip-till”

giuseppe alai

Giuseppe Alai, titolare del Podere Ca’ Suore a Guastalla (Reggio Emilia), nel bel mezzo di una zona piena zeppa di convinti aratori, tre anni fa, tra lo scetticismo generale, ha deciso di voltare pagina e ha convertito tutta l’azienda al sodo (abbiamo già parlato di lui in diversi articoli »). Tra i malcelati sorrisini degli agricoltori circostanti che sentenziavano una sicura disfatta, Alai ha dimostrato con i fatti, cioè con le produzioni e con i conti economici, che la scelta è stata vincente.

Frumento da seme, medica e mais da granella

«Quest’anno l’unica coltura che ha prodotto meno del solito, ma è stato così ovunque, è il frumento da seme, a causa di una primavera eccessivamente siccitosa che si è protratta sino al mese di maggio. In ogni caso i 58 ql/ha li abbiamo fatti, sempre con la semina su sodo», afferma Alai.

Mais e medica come sono andati?

«La medica, seminata su sodo, è al terzo anno e ha beneficiato delle piogge estive, tant’è che abbiamo prodotto 148 ql/ha con ben 5 tagli. Per il mais va fatto un discorso a parte».

Cosa è successo?

«Dove ho raccolto il frumento, semino come cover crops il trifoglio incarnato che termino con il glifosate, dopodiché di solito semino il mais su sodo. Quest’anno però, per l’andamento stagionale, mi sono trovato dei terreni eccessivamente duri e tenaci che non permettevano di eseguire la semina su sodo a regola d’arte e con la perfetta chiusura del solco. Quindi ho cambiato strategia e ho optato per lo strip-till, che ho fatto eseguire da un contoterzista nei primi giorni di aprile con l’attrezzatura Kultistrip di Kverneland. È stato un successo e ho prodotto 165 ql/ha di granella secca, spendendo 75 euro/ha in più rispetto alla semina su sodo ma molto meno rispetto a una tecnica tradizionale di aratura-erpicatura».

Il Kultistrip di Kverneland prepara il terreno per il mais nei primi giorni di aprile su residui di frumento.

Lo strip-till è una tecnica vincente se si regola bene la macchina

Quale impressione ha ricavato dallo strip-till?

«Un ‘ottima impressione: è una tecnica molto valida, a patto però che si regolino bene gli organi di lavoro del Kultistrip, che devono eseguire una lavorazione sulla fila che lasci il terreno leggermente baulato, per permettere una emergenza perfetta e omogenea. Quest’anno andrò avanti con lo strip-till sul terreno che era occupato dal frumento e che oggi è occupato dalla cover crop».

Il sodo è una tecnica che non si improvvisa

Quali insegnamenti ha ricavato invece dopo tre anni di sodo?

«Che il sodo non si improvvisa da un anno all’altro. Occorre prepararsi per tempo, evitando prima di tutto di costipare i terreni e di lasciare le ormaie. Poi bisogna imparare a gestire bene i residui colturali, aggiungere un po’ di urea per favorire l’attività dei microrganismi e gestire bene le cover crops. Da ultimo, bisogna essere elastici: se le condizioni del terreno non lo permettono, come è successo sui miei terreni quest’anno, occorre adottare un’altra tecnica compatibile con gli impegni di sostenibilità, che è appunto lo strip-till. Non avevo l’attrezzo in casa, ma si sono dato da fare e ho trovato un contoterzista che ha eseguito l’operazione».

Dunque i conti dell’azienda tornano?

«Certo che tornano, e anche senza considerare i 280 euro/ha che mi vengono riconosciuti dalla misura 10.1.04 del Psr dell’Emilia-Romagna a cui ho aderito. Grazie al sodo e a uno spandiconcime intelligente come Kverneland Geospread, risparmio in carburante, ore di lavoro, concimi e riduco il minimo i passaggi sul terreno. E le produzioni rimangono molto elevate. Pensi che quest’anno intorno a casa mia ci sono almeno 50 ettari di semina su sodo: alcuni colleghi dopo aver visto le mie colture sembra si siano convinti!».

Insomma, in un’area di convinti aratori Alai ha portato una ventata di innovazione. Speriamo solo che coloro che quest’anno hanno fatto sodo, prima abbiamo verificato che i loro terreni se lo potevano permettere. Infatti in caso di costipamenti oppure di ormaie, i risultati non saranno certamente come quelli di Alai. Ma la colpa non si dovrà attribuire al sodo, bensì della mano maldestra dell’agricoltore.

Roberto Bartolini

Laureato in agraria all'Università di Bologna, giornalista professionista dal 1987, ha lavorato per 35 anni nel Gruppo Edagricole di Bologna, passando dal ruolo di redattore a quello direttore editoriale. Per oltre 15 anni è stato direttore responsabile del settimanale Terra e Vita. Oggi svolge attività di consulenza editoriale e agronomica, occupandosi di seminativi e di innovazione tecnologica.


Un commento

  • piero

    24 Dicembre 2020 at 3:45 pm

    nell articolo del 23 dicembre 2020 sul argomento “sodo” a conclusione parlando dei possibili problemi dovuti alle ormaie incolpate l agricoltore dicendo che ha la mano maldestra. ma scusate tanto se capita di trebbiare il grano o il mais che e ncomiciato a piovere cosa dobbiamo fare per non essere maldestri trebbiare con l elicottero? distinti saluti

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