Il suolo agricolo non sta bene: nasce l’agricoltura rigenerativa

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Gli agricoltori sono abituati a considerare solo la loro realtà aziendale, quindi è necessario informarli di una emergenza globale che minaccia seriamente la produttività agricola dei prossimi anni, anche dei loro appezzamenti se non ci corre i ripari.

L’erosione del suolo agrario in Italia è doppia rispetto al resto d’Europa e ogni anno il terreno buono andato perso per questo fenomeno è pari a 1,8 tonnellate per ettaro. Tutto nasce perché i nostri terreni sono mediamente molto poveri di sostanza organica, che è l’elemento che funge da collante per aggregare le particelle di terreno.

In Italia il contenuto di carbonio organico del suolo è ai limiti di guardia, cioè al disotto dell’1%, soprattutto in pianura padana e nelle pianure del sud. La somma dei due fenomeni in atto – erosione e scarso contenuto di sostanza organica – conducono alla cosiddetta “desertificazione”, che è l’incapacità del suolo di fornire adeguato supporto alle colture.

immagine di Luigi Sartori (Università di Padova)

 

La cartina qui sopra mostra le aree dove è più spinta la desertificazione, indicata dai colori giallo e rosso. Si tratta in particolare di pianura padana, Puglia e Sicilia.

Un altro problema grave che riguarda i nostri terreni agricoli è il compattamento, molto più diffuso di quanto si pensi, che provoca danni rilevanti che si ripercuotono sulla scarsa produttività delle colture.

immagine di Luigi Sartori (Università di Padova)

Nella cartina qui sopra i colori arancione e rosso indicano le aree agricole dove il compattamento è più marcato, con le conseguenze indicate nella diapositiva: riduzione della permeabilità e porosità dei suoli, dell’attività microbica e quindi calo delle produzioni.

Le due strade da imboccare per restituire fertilità ai nostri suoli, che sono la base fondante della produzione agricola, sono state indicate già molto chiaramente dall’Unione europea nella attuale Pac e vengono riproposte in quella futura (2023-2027).

Lavorazioni ridotte, rotazione e cover crops

La prima mossa che deve fare l’imprenditore agricolo è quella di adottare le lavorazioni conservative, lasciando sul terreno della biomassa vegetale ed evitando di invertire le zolle, per arrecare meno disturbo ai miliardi di microrganismi del suolo che sono il motore della fertilità.

immagine di Luigi Sartori (Università di Padova)

Ma adottare le lavorazioni conservative significa rispettare altri due pilastri fondanti di questo sistema virtuoso di gestione del suolo:

  1. mantenere il terreno coperto tutto l’anno con l’uso delle cover crops e il mantenimento dei residui colturali in superficie;
  2. effettuare un’ampia rotazione delle colture, indispensabile anche per tenere a bada le infestanti resistenti.
immagine di Luigi Sartori (Università di Padova)

Nell’immagine qui sopra viene indicato un esempio di rotazione triennale con l’uso di cover crops abbinate alle lavorazioni conservative. Nel primo anno al frumento si fa seguire una cover crop che tiene coperto il terreno sino alla primavera successiva, quando si seminerà mais (secondo anno), e alla raccolta del mais in autunno si seminerà di nuovo una cover crop che rimarrà sino alla primavera dell’anno successivo (il terzo), nel quale si seminerà soia.

Raccolta dati e mappe di prescrizione

Il secondo punto chiave è l’adozione della digitalizzazione, intesa come capacità di raccogliere attraverso svariati sistemi informatici un buon numero di dati che sono la base per adottare una strategia sostenibile nell’uso dei mezzi tecnici (sementi, fertilizzanti, agrofarmaci e acqua).

immagine di Marco Miserocchi (Topcon Italia)

Alla raccolta dei dati segue la loro gestione per creare le mappe di prescrizione, che costituiscono quella tecnica operativa ormai ineludibile che è l’agricoltura di precisione.

immagine di Marco Miserocchi (Topcon Italia)

Nella cartina di sinistra nell’immagine notiamo come nelle zone gialle dell’appezzamento aumentiamo del 5% l’applicazione di alcuni mezzi tecnici, nelle zone verdi l’aumento raggiunge il 12%, mentre nelle aree rosse, evidentemente meno fertili, si diminuiscono del 20% gli input e quindi anche i relativi costi.

immagine di Michele Pisante (Università di Teramo)

L’adozione contemporanea delle lavorazioni conservative e dell’agricoltura di precisione danno origine a quella che è stata definita dall’assise mondiale degli agronomi “agricoltura rigenerativa”, l’unica che può far rimanere l’agricoltore sul mercato con prospettive di reddito.

Roberto Bartolini

Laureato in agraria all'Università di Bologna, giornalista professionista dal 1987, ha lavorato per 35 anni nel Gruppo Edagricole di Bologna, passando dal ruolo di redattore a quello direttore editoriale. Per oltre 15 anni è stato direttore responsabile del settimanale Terra e Vita. Oggi svolge attività di consulenza editoriale e agronomica, occupandosi di seminativi e di innovazione tecnologica.


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