Latte: trasformiamo di più, occhio all’etichetta e stop alle cagliate straniere

L’Europa, di fronte alla crisi del suo latte che ormai coinvolge tutti gli Stati membri, ancora una volta nicchia e non prende posizione, ripetendo che chi sarà più bravo continuerà a produrre. Ma l’allevatore lombardo Ettore Prandini ha le idee piuttosto chiare sulle possibili soluzioni e ha affidato le sue considerazioni alle pagine dell’Informatore Zootecnico, che riprendiamo.
Non produrre di più, ma trasformare di più
«Per salvare il sistema latte italiano – sostiene Prandini – occorre prima di tutto un nuovo sistema di raccolta e di aggregazione dei produttori. Poi bisogna avere il coraggio di scegliere: non produrre di più ma trasformare ciò che si produce. Le organizzazioni di prodotto non possono solo raccogliere il latte, bensì debbono puntare sulla lavorazione e sulla commercializzazione».
Indispensabile l’indicazione dell’origine: il consumatore ci premierà
«È indispensabile però indicare l’origine in etichetta – prosegue Prandini – dando chiarezza totale al consumatore e valorizzando il lavoro che si fa sulla qualità. L’82% degli italiani è disposto a spendere dal 5% al 20% in più per avere certezza di origine di ciò che acquista e della provenienza nazionale».
Cagliate estere, pari al 12% della nostra produzione di latte
«Poi fermiamo una volta per tutte le cagliate straniere – conclude Prandini – che crescono in media del 10% all’anno e vanno a sostituire il latte delle nostre stalle per fare formaggi, come per esempio le mozzarelle. I 1.150.000 quintali di cagliate estere che entrano in Italia corrispondono al 12% della produzione nazionale di latte e quindi hanno un peso rilevante sul fatto che il nostro latte non viene utilizzato e valorizzato come dovrebbe, togliendo risorse economiche ai nostri allevatori per consegnarle agli allevatori esteri».