Materie prime nazionali, diversificazione e digitale: le strategie dell’agricoltura post-covid

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Qualcuno ha puntato sull’agriturismo abbandonando la produzione agricola, qualcun altro ha chiuso l’allevamento per dedicarsi ai seminativi. Le imprese agroalimentari hanno privilegiato gli acquisti all’estero e in tanti hanno scelto un unico canale commerciale, come l’horeca per i viticoltori che garantisce efficienza, specializzazione, scorte al minimo, massimo profitto. Questo finora ha fatto l’agricoltura italiana per affrontare lo sconquasso economico avvenuto con la pandemia del covid-19 e il relativo lockdown.

Secondo Angelo Frascarelli, che ha scritto un illuminante editoriale sull’Informatore Agrario, la strategia gestionale adottata dalle imprese agricole sino a tre mesi fa, dopo il covid-19 va cambiata radicalmente all’insegna della diversificazione di attività produttive, di canali di vendita, di clienti, di fonti di approvvigionamento. Tutto questo per gestire meglio i rischi, magari rinunciando un pochino alla massima efficienza dell’impresa, per garantirle però un futuro certo.

Siamo troppo dipendenti dall’importazione

Un segnale molto forte viene dalle filiere delle materie prime strategiche per le quali siamo importatori netti: 65% del grano tenero, 30% del grano duro, 48% di mais e soia, 75% dello zucchero, 47% di carne bovina, 22% di latte, 40% di olio di oliva. Le imprese agroalimentari stanno riconsiderando con sempre maggiore convinzione l’autoapprovvigionamento nazionale, proponendo contratti di coltivazione con i nostri agricoltori, perché non possiamo più permetterci di dipendere così pesantemente dall’estero.

Ridefinire i rapporti tra agricoltori e industria

Non c’è dubbio che occorra maggiore determinazione nello stabilire rapporti certi e duraturi tra i nostri agricoltori e la trasformazione, ma è urgente anche ridefinire i termini di questa inevitabile e non più dilazionabile collaborazione, garantendo una buona volta alla parte agricola la redditività che merita. I nostri lettori sanno bene che chi scrive ha sempre sostenuto l’importanza delle filiere tutte italiane e dei contratti di coltivazione, ma non possiamo trascurare il fatto che ancora oggi sono troppo frequenti i casi in cui l’agricoltore non viene remunerato come dovrebbe, oppure a fine campagna si trova a patire le mille scuse che vengono accampate dal compratore per non corrispondere il dovuto.

Prendiamo esempio dalle filiere che funzionano

È su questo aspetto chiave della questione che le istituzioni e le organizzazioni professionali devono agire con più incisività a salvaguardia degli imprenditori agricoli, altrimenti le filiere non possono crescere e non possono durare. Perché ci sono filiere che funzionano a meraviglia e altre no? Tutte indistintamente devono funzionare con reciproca soddisfazione! Qualcuno se ne occupi seriamente, per favore.

Videochiamate e teleconferenze ci cambiano la vita

Poi c’è la grande questione del digitale, delle videochiamate, delle conferenze allargate con Skype e altri sistemi del genere, che il covid-19 ha fatto crescere in due mesi a dismisura e oltre ogni previsione. Il primo effetto di questa presa di coscienza nazionale del parlarsi, confrontarsi e lavorare tramite video, stando nel salotto di casa o in cucina, è che molte imprese manifatturiere e non solo stanno considerando seriamente di tagliare i costi di spostamenti e trasferte, così come di convertire almeno per una parte le modalità del lavoro quotidiano in telelavoro stabile o turnato.

Per quanto riguarda le aziende della meccanizzazione agricola riteniamo che sia giunta l’ora di riconfigurare, almeno in parte, le attività di vendita e di assistenza al cliente creando nuove figure professionali che alcuni hanno già denominato “video sales consultant”. In particolare per la nuova frontiera dell’agricoltura di precisione, agronomi digitali 4.0 potrebbero svolgere con grande profitto buona parte dell’ attività di assistenza post vendita ai clienti agricoltori e contoterzisti, proprio attraverso le videochiamate o i collegamenti Skype. Il supporto richiesto dal cliente potrebbe essere esaudito con immediatezza, aggiungendo anche un’attività di consulenza periodica da definire con un calendario di incontri prestabiliti, che potrebbe riguardare anche aspetti agronomici e gestionali dell’impresa.

Insomma, siamo certi che la gestione in remoto e con moderni sistemi di collegamento video ci renderà certamente più stanziali almeno per certe attività, ma certamente abbatterà una montagna dei costi attuali, liberando così risorse che potrebbero trovare un impegno più proficuo e produttivo.

Roberto Bartolini

Laureato in agraria all'Università di Bologna, giornalista professionista dal 1987, ha lavorato per 35 anni nel Gruppo Edagricole di Bologna, passando dal ruolo di redattore a quello direttore editoriale. Per oltre 15 anni è stato direttore responsabile del settimanale Terra e Vita. Oggi svolge attività di consulenza editoriale e agronomica, occupandosi di seminativi e di innovazione tecnologica.


Un commento

  • Marino

    6 Giugno 2020 at 7:30 am

    Finalmente il professor si è accorto che siamo troppo dipendenti dall’estero e per prodotti fondamentali…

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