Mentre l’agricoltore si lamenta, i fondi d’investimento puntano sulla terra

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Mentre le stalle chiudono e gli agricoltori continuano a lamentare perdite secche, la nostra finanza a caccia di asset sottovalutati riparte proprio dall’agricoltura, scommettendo a ragione sul suo grande potenziale in parte inespresso, prigioniero delle piccolissime realtà familiari che caratterizzano il nostro tessuto agricolo.

Idea Agro è un fondo messo a punto dalla Dea Capital della famiglia De Agostini, che ha raccolto da diversi investitori circa 80 milioni di euro destinati all’acquisto di aziende agricole. Il progetto prevede di puntare su percorsi agronomici sostenibili, dando finalmente efficienza gestionale ed economica a realtà agricole legate a sistemi sorpassati, per puntare alla commercializzazione di prodotti agricoli di alta qualità made in Italy.

Probabilmente è proprio questa l’unica strada che può dare un futuro alla nostra agricoltura: ma la redditività si ottiene con un cambio radicale di mentalità che il nostro agricoltore non concepisce. Allora ci vogliono manager capaci che, conti alla mano, traccino un piano operativo sfruttando tutto ciò che le nuove tecnologie di digitalizzazione consentono, per centrare gli obiettivi commerciali e di marketing.

D’altronde che cosa hanno fatto alle Bonifiche Ferraresi, 6.500 ettari rivoluzionati dalle tecnologie, che coprono tutta la filiera dalla terra alla tavola con il marchio Le Stagioni d’Italia? Nel capitale di Bonifiche Ferraresi ci sono la Fondazione Cariplo e alcune grandi famiglie che investono sulla terra (non certo per perdere i loro soldi!) come Gavio, De Benedetti, Dompè, Cremonini. Sì, direte voi, ma loro hanno capitali a volontà! Certo, ma sanno anche come gestire in maniera professionale la terra e farla rendere.

Barilla e Ferrero, invece, puntano sui contratti di coltivazione per ottenere sempre più grano e nocciole made in Italy e limitare le importazioni.

Agricoltori che ancora arate il terreno e investite solo in trattori, avete capito cosa si muove alle vostre spalle? La terra rende, se si sa farla rendere! Chi non se la sente, sfrutti l’occasione per passare la mano.

Roberto Bartolini

Laureato in agraria all'Università di Bologna, giornalista professionista dal 1987, ha lavorato per 35 anni nel Gruppo Edagricole di Bologna, passando dal ruolo di redattore a quello direttore editoriale. Per oltre 15 anni è stato direttore responsabile del settimanale Terra e Vita. Oggi svolge attività di consulenza editoriale e agronomica, occupandosi di seminativi e di innovazione tecnologica.


Un commento

  • PaulM

    3 Agosto 2018 at 11:49 am

    Buongiorno professore, lei ha perfettamente ragione in quanto la mentalità dei piccoli agricoltori purtroppo non si è evoluta. Dalle mie parti (bassa provincia di Venezia) se si parla di minima lavorazione o strip till non sanno nanche di che cosa stai parlando. Bisogna superare questa mentalità e mettersi in testa che l’unica direzione da prendere per aumentare la redditività è quella dell’innovazione tecnologica e della minima lavorazione.

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