Più erba medica autoprodotta: la terra deve sostenere la stalla
Con un autoapprovvigionamento di soia nazionale fermo al 17%, e quindi con i costi della componente proteica della razione delle vacche da latte sempre elevati, non rimane che puntare a una maggiore estensione dell’erba medica in azienda, affinché la terra riesca a sostenere il più possibile la stalla. È la tesi sostenuta da Giorgio Borreani dell’Università di Torino, che consiglia gli agricoltori-allevatori di considerare sempre con maggiore attenzione all’erba medica, magari iniziando a investire anche una piccola superficie.
All’erba medica il 30% della SAU all’anno
«L’erba medica può essere introdotta anche gradualmente nelle aziende che non la coltivano – dice Borreani – dedicandole ogni anno il 30% della superficie aziendale in rotazione con mais e cereali vernini, anche per avere il tempo di ridisegnare i connotati della razione e osservare gli effetti sulla mandria, che comunque sono sempre positivi».
La medica si adatta molto bene a terreni con pH neutro o alcalino (maggiore di 6,5), non tollera i ristagni di acqua, valorizza gli apporti di reflui zootecnici alla semina e fissa una ingente quantità di azoto atmosferico.
La tabella qui sopra riassume la produzione di sostanza secca alla fine del terzo anno di medica, con un apporto di azoto nel terreno pari a 403 kg/ha, equivalenti a 876 chilogrammi di urea. Il mais e i cereali vernini che seguono dopo tre anni la medica si avvantaggiano, in termini produttivi, di questa importante fertilità residua.
Come produrre foraggio di alta qualità
Ma per avere i massimi risultati dall’erba medica occorre produrre un foraggio di alta qualità, che significa seguire tre regole fondamentali.
- Scegliere cantieri di raccolta che consentano tagli precoci, veloci e su ampie superfici, senza apporti di terra, con un foraggio che massimizza l’energia netta del latte e la proteina per ettaro.
- Attento utilizzo delle previsioni meteo, per gestire adeguatamente epoca di taglio, fase di appassimento in campo e raccolta.
- Scelta di sistemi (per esempio i balloni fasciati) e strutture di conservazione che minimizzino le perdite.
L’immagine qui sopra mostra come variano il valore di sostituzione dell’erba medica nei confronti di una fonte proteica acquistata e il suo costo di coltivazione, a seconda che si produca erba medica di alta o di bassa qualità.
Gli indici di qualità per un giusto compromesso
In Italia assistiamo a una grande variabilità per quanto riguarda la qualità dell’erba medica prodotta, e l’immagine che segue ne è una dimostrazione.
Tra PG (proteina grezza), NDF (digeribilità della fibra) e ADL (contenuto di lignina), occorre trovare un giusto compromesso per tutti e tre i tipi di prodotto, insilato, fieno ed essiccato. I cerchi rossi indicano le produzioni con parametri qualitativi negativi, con un indice NDF alto che significa bassa concentrazione energetica della razione e minore ingestione di sostanza secca.
Per l’insilato di medica, i parametri ottimali corrispondono a PG (s.s.) 67%, PG (proteina grezza) a 22,8% e NDF a 37,9%, che risulta il migliore compromesso tra i casi considerati. Nel caso del fieno di medica, è da scartare l’ultima produzione cerchiata in rosso, così come per l’essiccato è da escludere la prima.
Elevata massa verde e velocità di ricaccio
Molto importante è la scelta della varietà di medica da seminare, che deve essere valutata sulla base della fogliosità, ma anche della velocità di ricaccio, per poter competere meglio con le graminacee infestanti e quindi fornire un fieno più puro, che significa più elevato valore proteico.
Un medicaio ben gestito può fornire una massa verde in un anno pari a 15 tonn/ha di s.s. con una media di 3000 kg di proteina per ettaro. Dunque la medica può davvero essere valorizzata come coltura complementare al mais, e questa coltura ben si inserisce anche nello schema della Pac, consentendo di incassare l’eco-schema e di ottemperare all’obbligo di rotazione (a questo proposito, si rimanda al nostro articolo “Coltivare erba medica: buon reddito e meno vincoli Pac“).