Soia, ecco i motivi tecnici che rendono indispensabile l’acquisto del seme anziché l’autoriproduzione

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Il nostro recente articolo sul seme di soia ha suscitato alcune domande specifiche dei lettori che desiderano sapere con esattezza, al di là dei problemi legislativi che rimangono validi, cosa ha in più il seme certificato rispetto a quello autoriprodotto. Perciò abbiamo chiesto a Piero Ciriani, seed business manager di Sipcam Italia che da decenni si occupa di seme di soia, di fornirci qualche delucidazione in più.

«Rispetto al seme autoriprodotto – dice Ciriani – il seme acquistato da un’azienda sementiera presenta due grandi differenze:

1) Proviene dalla coltivazione di seme “di base”, cioè un seme esaminato in campo dagli organi ufficiali e certificato solo se risponde ai requisiti di purezza genetica (deve in breve corrispondere esattamente alla varietà originale, senza piante che manifestano una morfologia diversa) e raccolto solo se ha i requisiti di sanità (cioè non manifesta sintomi di patologie che si potrebbero trasmettere con il seme)

2) È un seme selezionato in stabilimento con analisi prima, durante e dopo la lavorazione, che permettono di scartare lotti o frazioni di lotto che non raggiungono i parametri fissati di germinabilità, purezza fisica (non c’è presenza di altri semi che potrebbero diventare infestanti in campo) energia germinativa e sanità».

Aggiungiamo che il rilascio del cartellino da parte dell’ente certificatore sancisce che tutte queste attività sono state realmente fatte correttamente e i parametri raggiunti. Purezza genetica e fisica, germinabilità, energia germinativa e sanità sono tutti requisiti fondamentali perché la varietà, in questo caso di soia, possa esprimere al massimo il suo potenziale produttivo per il quale è stata selezionata.

Il non rispetto di questi parametri può dunque diventare un fattore limitante, più o meno importante in funzione delle condizioni agronomiche, ambientali eccetera in cui si trova la coltura.

Roberto Bartolini

Laureato in agraria all'Università di Bologna, giornalista professionista dal 1987, ha lavorato per 35 anni nel Gruppo Edagricole di Bologna, passando dal ruolo di redattore a quello direttore editoriale. Per oltre 15 anni è stato direttore responsabile del settimanale Terra e Vita. Oggi svolge attività di consulenza editoriale e agronomica, occupandosi di seminativi e di innovazione tecnologica.


Un commento

  • Corrado

    5 Ottobre 2017 at 5:10 am

    L unico modo per far diminuire la percentuale di autoriproduzione di soia aziendale e calare i prezzi del seme certificato… È assurdo spendere 170-180 euro/q…non ha senso…

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