Suolo e azoto: ecco dov’è indispensabile l’innovazione tecnologica

agricoltura conservativa

Tutte le attività produttive, industriali, commerciali, agroalimentari e così via sono fortemente impegnate nella riduzione delle emissioni di gas serra. Poiché l’agricoltura rappresenta il 7% circa delle emissioni nazionali di gas serra, è chiaro che anche gli agricoltori e i contoterzisti devono impegnarsi per ridurle, sostenuti, com’è noto, da contributi a fondo perduto o a superficie già presenti nell’attuale Pac e che saranno rafforzati nella Pac post 2023.

Per focalizzare il problema dal punto di vista pratico, due sono gli obiettivi sui quali può agire l’imprenditore agricolo: la gestione del terreno e dei letti di semina e la distribuzione dei concimi azotati.

Minime lavorazioni

Senza considerare in questo caso la tecnica della semina su sodo, che è applicabile con successo quasi esclusivamente sui cereali vernini e sui secondi raccolti se le condizioni del suolo lo consentono, concentriamoci sulla minima lavorazione con erpici a dischi e/o a denti e su strip tillage o lavorazione a strisce.

I vantaggi derivanti dalle minime lavorazioni sono i seguenti:

  • Riduzione drastica dell’uso e quindi del costo delle macchine e delle ore lavoro.
  • Riduzione dei consumi di gasolio, che passano da un costo di 50 euro/ha per aratura ed erpicature a 25 euro/ha per la minima lavorazione e addirittura a 19 euro/ha per lo strip tillage.

Oltre a questo teniamo conto che le lavorazioni conservative (minima, strip tillage e sodo) arricchiscono il suolo di sostanza organica, che è il fattore che fissa il carbonio atmosferico evitandone le emissioni.

La presenza di sostanza organica nel terreno permette di fissare e stoccare la CO2, evitandone l’emissione in atmosfera.

Un incremento di appena lo 0,05% di sostanza organica nei primi 15 cm di terreno fissa ben 2 t/ha di CO2. Se in tutto il nord Italia si applicassero le lavorazioni conservative su circa 2,8 milioni di ettari, ogni anno si potrebbe dunque assorbire oltre l’1,3% di tutte le emissioni italiane.

Da dove si origina il protossido di azoto

Il concime azotato distribuito sul terreno, afferma l’agronomo Lorenzo Benvenuti, è la causa dell’emissione diretta del protossido di azoto, uno dei gas serra da combattere. «Nel suolo – dice Benvenuti – il protossido di azoto viene emesso come sottoprodotto delle reazioni di nitrificazione (che portano alla formazione dei nitrati cioè le forme azotate assorbite dalle piante) ma anche di quelle di denitrificazione, che liberano azoto gassoso molecolare». E pensate che l’1-1,5% dell’azoto ureico distribuito sul terreno diventa protossido di azoto, ma la percentuale può crescere a seconda delle diverse tipologie di suoli.

Guida automatica e mappe di prescrizione

La guida automatica porta a una riduzione dei consumi di gasolio, delle ore di lavoro e del costo delle attrezzature, perché si evitano le sovrapposizioni e le doppie distribuzioni di fertilizzante.

La guida automatica è il primo passo verso l’agricoltura di precisione, che deve comprendere anche il rateo variabile di sementi, concimi e agrofarmaci.

Con il rateo variabile, attraverso le mappe di prescrizione si dosa il concime sulla base delle caratteristiche del suolo ricavate dalla mappatura del terreno, ottenendo una maggiore efficienza agronomica e minori dispersioni del prodotto nell’ambiente.

Il rateo variabile del fertilizzante si effettua solo con spandiconcime di nuova generazione ISOBUS 100%, che abbinano pesa elettronica e sistemi di chiusura dello spandimento verso le aree sensibili.

Non c’è dubbio che l’utilizzo di fertilizzanti a lenta cessione e l’introduzione delle cover crops nei mesi invernali sui terreni scoperti dalle colture evitano ulteriormente dispersioni ed emissioni di gas serra climalternanti.

Abbinare minime lavorazioni e rateo variabile

L’abbinamento di minima lavorazione e rateo variabile porta a massimizzare i vantaggi economici e ambientali, come dimostrano i risultati dell’attività di sperimentazione in pieno campo di Kverneland Academy.

L’immagine qui sopra si riferisce alle prove su frumento. Si nota come passare dall’aratura senza l’ausilio dell’elettronica alla semina combinata alla preparazione del terreno in un passaggio, abbinata al rateo variabile del concime, il costo a ettaro del lavoro passa da 55 a 19 euro e il costo d’uso dei cantieri da 69 a 42 euro/ha.

Nel caso del mais, con l’applicazione di guida automatica e del rateo variabile a tutti e tre i percorsi agronomici, si nota come anche in questo caso il passaggio dall’aratura alla minima e allo strip tillage comporti significative diminuzione dei costi del lavoro e dell’uso delle macchine.

Come cambia il reddito netto

Ma dato che poi all’imprenditore quello che interessa di più è il reddito netto finale, ecco cosa accade abbinando minima lavorazione ed elettronica.

Per il frumento il reddito netto della semina combinata con il rateo variabile è pari a 431 euro/ha, contro 177 euro/ha dell’aratura senza guida automatica e rateo variabile. Va rimarcato che anche se si continua ad arare ed erpicare, l’applicazione della guida automatica e del rateo variabile dei mezzi tecnici fanno comunque aumentare il reddito netto, che sale a 243 euro/ha.

Nel caso del mais, la minima lavorazione e lo strip-tillage con la guida automatica abbinata al rateo variabile di seme e/o concime portano a un reddito netto che varia da 430 a 570 euro/ha, contro 180 euro/ha dell’aratura senza guida e rateo. Anche in questo caso, se si continua ad arare l’applicazione della guida automatica e del rateo variabile comunque servono per aumentare il reddito netto, che tuttavia si mantiene sempre inferiore rispetto a minima e strip-tillage.

Concludiamo con questa immagine provocatoria, ma ci auguriamo stimolante, per tutti coloro che non vogliono cambiare. È una frase che rimbalza ancora con troppa frequenza in campagna e che non consente di dare nuove prospettive e quindi un futuro all’impresa agricola.

Roberto Bartolini

Laureato in agraria all'Università di Bologna, giornalista professionista dal 1987, ha lavorato per 35 anni nel Gruppo Edagricole di Bologna, passando dal ruolo di redattore a quello direttore editoriale. Per oltre 15 anni è stato direttore responsabile del settimanale Terra e Vita. Oggi svolge attività di consulenza editoriale e agronomica, occupandosi di seminativi e di innovazione tecnologica.


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Nato nel 2014, Il Nuovo Agricoltore è un portale informativo dedicato all’agricoltura, con un occhio di riguardo alle innovazioni tecnologiche. Il progetto è sviluppato da Kverneland Group Italia.


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