Roberto Bartolini29 Marzo 20248min8111

Gli effetti della guerra Russia-Ucraina su commercio e costi agricoli

CampoGrano

Prima del conflitto bellico con la Russia, l’Ucraina occupava un ruolo strategico per gli approvvigionamenti mondiali di alcuni dei principali prodotti agricoli su scala mondiale come semi di girasole, mais, grano e altri cereali. Ma con l’inizio delle operazioni di guerra, un agricoltore su tre ha dovuto interrompere la propria attività nelle zone maggiormente interessate dal conflitto, con un calo della produzione agricola tra il 2022 e il 2023 del 36% per il mais, del 35% per il grano e del 10% per i semi e l’olio di girasole. Le previsioni per il 2024 definiscono una lieve ripresa, con valori che tuttavia restano più bassi dei livelli pre-conflitto.

Fonte: elaborazione Centro Studi Divulga su dati USDA (Fas-Ipad)

Nello stesso periodo la Russia ha aumentato la propria produzione di grano del 22%, raggiungendo 92 milioni di tonnellate di prodotto e consolidandosi come terzo produttore al mondo dopo Cina (138 milioni di tonnellate) e India (104 milioni di tonnellate).

La guerra tra Russia e Ucraina ha avuto dei riflessi importanti anche sulle dinamiche delle scorte dei prodotti agricoli, con la Cina che oggi ricopre un ruolo dominante con il 50% delle scorte mondiali di grano e il 64% di quelle di mais. Ma il conflitto in Ucraina non sembra avere ridimensionato gli arrivi in Italia di prodotti agroalimentari dai due paesi.

L’import italiano dall’Ucraina

Complessivamente, nei primi dieci mesi del 2023 le importazioni italiane dall’Ucraina sono cresciute in quantità di oltre il 150% rispetto al prima dello scoppio del conflitto, passando da poco più di 1 milione a 2,6 milioni di tonnellate.

  • Cereali. Crescite sostenute si rilevano per gli arrivi di cereali, tra cui in particolare grano tenero (+260%), mais (+230%) e orzo (+128%). Circa tre quarti delle importazioni italiane dall’Ucraina riguardano proprio questi prodotti cerealicoli.
  • Carni avicole. A crescere sono anche gli arrivi di carni avicole, le cui importazioni dall’Ucraina hanno superato le 700 tonnellate rispetto ai valori nulli del 2021.
  • Zucchero. Aumenti rilevanti si segnalano inoltre per gli arrivi di zucchero ucraino, passato da zero a circa 50 mila tonnellate importate.
  • Girasole. Non ultima anche la crescita dell’import di semi di girasole (+368%) e soia (+108%).

L’import italiano dalla Russia

In aumento sono anche gli arrivi di prodotti agricoli e agroalimentari dalla Russia, con un +9%, da 566 mila tonnellate nei primi dieci mesi del 2021 a 617 mila tonnellate nello stesso periodo del 2023. A trainare questi aumenti, in particolare, gli arrivi di grano duro cresciuti e quelli di olio di girasole.

Gli effetti sui bilanci delle aziende agricole

La crisi innescata dalla guerra in Ucraina ha avuto degli impatti significativi sui costi di produzione nel settore agricolo. Nel 2022 i costi dei consumi intermedi sono cresciuti complessivamente di oltre il 25% in termini reali, a fronte di un calo dei volumi degli input (-0,9%).

In media, le aziende agricole hanno speso circa il 50% in più rispetto al 2021 per far fronte ai propri consumi energetici (in contrazione del 3% in volume) e di oltre il 63% per i fertilizzanti (-2,5% in volume).

Fonte: elaborazione Centro Studi Divulga su dati CCIAA Torino
Fonte: elaborazione Centro Studi Divulga su dati CCIAA Torino

Va anche considerato che queste due voci di spesa rappresentano in media un quarto dei consumi intermedi di un’azienda agricola italiana. Ad aggravare la situazione, c’è poi l’aumento dei costi anche per mangimi e spese per il bestiame (+23% in termini reali a fronte di un calo dei volumi del -0,9%) e per i fitosanitari (circa il 12% in più), che rappresentano un terzo dei costi aziendali.

Fonte: elaborazione Centro Studi Divulga su dati ISTAT – Contabilità della branca agricoltura

Mediamente le quotazioni dei fertilizzanti nel 2024 si attestano su valori del 66% superiori al 2020. Dopo i picchi registrati nel 2022, con valori pari a 1,34 euro al litro in media, in queste settimane si registra un leggero calo del gasolio agricolo con 1,10 euro/litro, ben distanti rispetto ai 0,70 euro/litro del 2020.

Fonte: Elaborazione Centro Studi Divulga su dati CLAL (CCIAA Milano)

La crisi nel canale di Suez

Alla guerra Russia-Ucraina oggi si aggiunge il caos nel canale di Suez, che rappresenta per l’Italia il 28% del valore dell’export via mare e il 52% per l’import. Per quanto riguarda l’agroalimentare, le esportazioni si attestano invece sul 32% dei flussi marittimi in uscita e il 29% in entrata.

I prodotti agroalimentari che partono dal nostro paese o arrivano in Italia passando da Suez sono principalmente quelli destinati o in arrivo da Asia e Oceania. Transitano per il canale di Suez quote rilevanti dell’export agroalimentare italiano. Si tratta del 16% dei volumi complessivi di olio d’oliva, del 15% dei prodotti derivati dalla lavorazione dei cereali (escluso il riso) e del 14% del pomodoro trasformato, ma anche di tabacchi (33% dell’export complessivo) e foraggere (40%). Il tutto per un valore complessivo di 6 miliardi di euro delle esportazioni agroalimentari italiane il transito per il canale di Suez.

Tra i principali prodotti importati in Italia e in transito nel Mar Rosso abbiamo al primo posto il riso con il 67% dei volumi giunti in Italia, seguito da oli vegetali (diversi da quelli di oliva o di semi) per il 47%, pomodoro trasformato per il 45%, tè e caffè per il 35%, prodotti ittici per il 14%, frutta a guscio per l’11% e alimenti per animali con il 10%.

L’impennata dei costi della logistica

L’interruzione del passaggio delle navi per il canale di Suez ha provocato un’escalation dei costi del trasporto marittimo, in particolare nei traffici tra Asia e Mediterraneo. Da dicembre 2023 a gennaio 2024 le quotazioni del trasporto dal Mediterraneo alla Cina sono cresciute del 659%, mentre quelli provenienti dalla Cina del 187%. Al contempo, trasportare oggi le merci dal Nord Europa in Asia costa tra il 251% e il 281% in più rispetto alla fine del 2023.

N.B. I dati dell’articolo e i grafici sono tratti dal rapporto “Mari in Tempesta”, elaborato dal Centro Studi Divulga a febbraio 2024

Roberto Bartolini

Laureato in agraria all'Università di Bologna, giornalista professionista dal 1987, ha lavorato per 35 anni nel Gruppo Edagricole di Bologna, passando dal ruolo di redattore a quello direttore editoriale. Per oltre 15 anni è stato direttore responsabile del settimanale Terra e Vita. Oggi svolge attività di consulenza editoriale e agronomica, occupandosi di seminativi e di innovazione tecnologica.


Un commento

  • Luca

    31 Marzo 2024 at 9:31 am

    Chi é che decide di importare prodotto, lo stato o le multinazionali? Probabilmente gli agricoltori hanno manifestato contro la cosa sbagliata…

    Rispondi

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