I giovani vogliono restare dove sono nati, politica e finanza devono rispondere

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Secondo la ricerca “Giovani dentro” di Riabitare l’Italia, due giovani italiani su tre (nella fascia di età compresa tra 18 e 39 anni) desiderano rimanere a vivere e a costruire il proprio futuro nelle aree interne dove sono nati. E in Italia il 52% di tutti i Comuni è situato proprio in aree interne, dette anche marginali e/o montane.

Il risultato di questa indagine ci fa sobbalzare: dunque, per fortuna, non è vero che tutti vogliono andarsene! Questo rinnovato attaccamento dei giovani al proprio territorio di origine è stato battezzato “restanza”: teniamolo a mente e cominciamo a ragionarci su dal punto di vista dell’agricoltura.

Cresce l’importanza dei territori (anche quelli difficili)

Solo molto di recente, e forse anche a seguito del Covid-19, è profondamente cambiata la percezione del ruolo e dell’importanza dei territori, anche di quelli più difficili, come rilevato anche da Fabio Renzi di Symbola in un suo recente intervento sul Corriere della sera. Territori ritenuti fino a ieri marginali hanno riconquistato di colpo una nuova centralità perché i giovani, soprattutto, sono consapevoli che è in quei territori che si giocheranno alcune sfide del nostro futuro prossimo: la sfida climatica, quella agroalimentare e quella dei nuovi equilibri territoriali.

L’agricoltura è in cima ai desideri

La ricerca “Giovani dentro” afferma anche che la maggioranza dei giovani intervistati sceglie proprio l’agricoltura come attività principale da svolgere nel proprio comune di origine, anche per la capacità di integrarsi in logiche di filiera con turismo ed enogastronomia. Ma i giovani da soli non possono farcela ed ecco una occasione più unica che rara per la politica, che si appresta a disegnare gli incentivi della prossima Pac e a utilizzare una montagna di euro che arriva da Bruxelles e che è destinata alla cosiddetta ripartenza: è infatti necessario mettere in campo un’azione concreta di accompagnamento dei giovani all’imprenditorialità, perché non bastano i finanziamenti a fondo perduto come quelli di recente stanziati sia nell’agricoltura che in altri settori, come per esempio quello degli stabilimenti balneari. Ma sapranno i nostri politici e i nostri burocrati ascoltare le aspirazioni e le istanze dei giovani?

Cosa occorre mettere in campo

Su questo piano occorrono prima di tutto assistenza gratuita ai piani di impresa e formazione specializzata e professionale di eccellenza: «Il microcredito può aiutare – dice Andrea Membretti di Riabitare l’Italia – ma è tutto il mondo finanziario che dovrebbe avviare nuove politiche di credito realmente efficaci rivolte ai nostri giovani imprenditori». Dunque oggi, quando non si fa altro che parlare di sostenibilità, di emergenze climatiche e ambientali, di qualità e di tipicità dell’agroalimentare, è il momento di pensare seriamente ai giovani e alle nostre aree marginali e interne da troppo tempo abbandonate e dimenticate. Entrambi costituiscono un patrimonio di valore inestimabile che le emergenze che abbiamo di fronte dovrebbero porre al centro dell’attenzione di tutti noi.

Puntare sui giovani che credono nel nostro paese e nell’agricoltura è il dovere numero uno di chi fa politica e di chi opera nel mondo finanziario. Ora dunque passate, per favore, dalle belle parole a fatti concreti.

Roberto Bartolini

Laureato in agraria all'Università di Bologna, giornalista professionista dal 1987, ha lavorato per 35 anni nel Gruppo Edagricole di Bologna, passando dal ruolo di redattore a quello direttore editoriale. Per oltre 15 anni è stato direttore responsabile del settimanale Terra e Vita. Oggi svolge attività di consulenza editoriale e agronomica, occupandosi di seminativi e di innovazione tecnologica.


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