Roberto Bartolini6 Maggio 20198min7070

Il digitale è la sola via per dare prospettive all’agricoltore

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«La necessità del digitale la state inculcando in tutti i modi per distrarre l’agricoltore dalle problematiche che attanagliano l’agricoltura».

«A che serve il digitale se poi il meteo distrugge tutto? Previsioni meteo di lungo termine affidabili sono la soluzione».

«Cosa volete parlare di precision farming, mappe rateo variabile quando in Italia: 1) la maggior parte di chi ha la terra ha appezzamenti come orti; 2) ha un’età di oltre i 60 e mentalità ferma al medioevo; 3) valori di mercato delle derrate che perdono valore costantemente con riduzione del profitto. Non vendete sogni o fate pubblicità».

Sono solo tre dei più indicativi tra i numerosi commenti giunti su Facebook a commento del nostro articolo “L’agricoltore pensa solo al trattore e lavora con attrezzature obsolete, ma sogna il digitale“.

Governi miopi e imprenditori scettici

Se l’Italia è al 25° posto in Europa come indice di digitalizzazione in tutte le attività economiche, agricoltura compresa, c’entrano senza dubbio i governi che in questi anni non hanno fatto il loro dovere, ma un po’ di colpe vanno anche attribuite ai privati che, tranne le eccezioni che per fortuna non mancano, non sono ancora convinti del fatto che è la trasformazione digitale il mezzo più efficace che abbiamo per migliorare la redditività del nostro lavoro.

Chi ha sposato il digitale non torna più indietro

Per rimanere in campo agricolo, basta girare un po’ per le campagne senza pregiudizi precostituiti per verificare, dati alla mano, che gli agricoltori e i contoterzisti che hanno imboccato la strada del digitale in tutte le sue forme più varie, sono ben felici della loro scelta e non tornerebbero indietro per nulla al mondo! Allora chiediamo agli scettici: sono/siamo tutti dei visionari o alla mercè del marketing? E ancora: ci spiegate come mai per chi alleva i bovini o produce vino e ortaggi, tanto per fare alcuni esempi più eclatanti, l’informatizzazione è da anni presente nelle loro realtà agricole? Costoro hanno continuato a spendere soldi anno dopo anno solo per far piacere ai venditori di tecnologie? E non rispondete per favore che chi fa vino è diverso da chi produce frumento e mais. Non c’è dubbio che siano comparti molto distanti dal punto di vista della redditività, ma le necessità di programmazione e di gestione delle colture razionalizzando mezzi tecnici e interventi agronomici sono identiche. Sì, ma chi fa vino può investire in tecnologia e chi produce frumento no: ecco la risposta degli scettici.

Se la terra è poca, non c’è solo la strada dell’acquisto

E se le dimensioni aziendali (sotto i 50 ettari) non lo permettono, ci sono i contoterzisti ben attrezzati in tantissimi casi, che possono mettere in campo le tecnologie che fanno risparmiare ore di lavoro, gasolio, mezzi tecnici e consentono di tracciare, cioè di immagazzinare in memoria, tutto quello che si è fatto in campo dalla lavorazione del suolo alla raccolta.

La tracciabilità del percorso colturale sostenibile è una leva di marketing

La tracciabilità del percorso colturale è l’altra chiave di successo che oggi in tantissimi casi consente di trovare sbocchi di mercato più convenienti, dal momento che chi acquista e poi deve a sua volta vendere, può disporre di una serie di informazioni in più sulla qualità del prodotto che hanno un elevato valore di marketing.

Quattro risposte ai vostri commenti

In conclusione, ecco quattro brevi risposte ai commenti che abbiamo riportato all’inizio dell’articolo (e ai molti altri di simile tenore).

1. Le previsioni meteo attendibili ci sono già ed esistono zona per zona svariate reti di monitoraggio e di informazione che fanno capo a privati oppure a organismi associati che consentono ormai da anni agli agricoltori di programmare gli interventi, soprattutto di difesa dalla avversità e di distribuzione dell’irrigazione.

2. L’agricoltura di precisione (precision farming) esprime tutto il suo valore soprattutto sui piccoli appezzamenti e di forma molto irregolare, dove la sovrapposizione degli interventi e gli sprechi in aree non coltivate sono all’ordine del giorno per chi lavora manualmente.

3. Anche se tanti agricoltori sono over 60, tutti hanno almeno uno smartphone che sanno usare molto bene. Quindi sono in grado di imparare anche la precision farming, è solo questione di volontà.

4. Smettiamola di piangere sui valori di mercato bassi di mais, frumento, soia e via dicendo. Lo abbiamo già detto più volte: nessuno può farci nulla, i mercati sono globalizzati e in balia di eventi che nessuna domina. Ma chi sa organizzarsi sul mercato con produzioni differenziate e di valore qualitativo, trova da sempre il modo di ricavarne un reddito.

Ma tra i numerosi commenti ce n’era anche qualcuno ragionevole. Antonio Luchini, agricoltore, uno dei tanti lettori che ha postato un commento su Facebook, scrive: «Se il mercato è basso non è colpa del governo, sono tutte scuse, dipende dall’incapacità dell’imprenditore di farsi la sua fetta di mercato». Parole sacrosante Luchini, speriamo che in tanti la ascoltino!

Roberto Bartolini

Laureato in agraria all'Università di Bologna, giornalista professionista dal 1987, ha lavorato per 35 anni nel Gruppo Edagricole di Bologna, passando dal ruolo di redattore a quello direttore editoriale. Per oltre 15 anni è stato direttore responsabile del settimanale Terra e Vita. Oggi svolge attività di consulenza editoriale e agronomica, occupandosi di seminativi e di innovazione tecnologica.


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