Trattori o salute? Il dilemma che offende gli agricoltori
Domenica 4 febbraio sul quotidiano la Repubblica la giornalista Concita De Gregorio ha lanciato un messaggio allarmante ai cittadini consumatori: «La protesta dei trattori ci mette di fronte al dilemma: o la sopravvivenza economica degli agricoltori come categoria o la nostra sopravvivenza fisica come genere umano». Tradotto in parole povere, De Gregorio sostiene che gli agricoltori stiano contestando le regole imposte dalla Pac 2023-2027 a salvaguardia della salute, della qualità del cibo e dell’ambiente, e che i governi non abbiano risorse economiche sufficienti per sostenerli nella transizione ecologica, quindi non si riescono a conciliare l’interesse di chi lavora la terra con l’interesse di chi vuole la sopravvivenza dell’umanità e un mondo meno inquinato.
Il dilemma di De Gregorio, però, parte dall’errato concetto espresso da tutti coloro che non conoscono la nostra agricoltura, cioè che gli agricoltori sono gli avvelenatori della terra e del cibo. A questo proposito, la giornalista porta due esempi davvero disdicevoli. Sostenendo che «gli agricoltori chiedono l’abolizione immediata dei vincoli sull’uso di insetticidi e repellenti», De Gregorio riassume un concetto del tutto errato, dal momento che gli agricoltori chiedono solo tempi più lunghi, poiché non esistono alternative alle sostanze attive attuali che tra l’altro, almeno in Italia, garantiscono già altissimi standard di sicurezza.
Ma non contenta, la De Gregorio continua nell’affondo: «Quando ti viene un cancro, una delle prime cose che ti proibiscono è di mangiare frutta e verdura coltivate coi pesticidi, polli e carni allevate a ormoni. Anche i pediatri raccomandano di evitarle ai neonati nello svezzamento». Nutriamo la speranza che la giornalista si riferisca ai prodotti importati da alcuni paesi extraeuropei, altrimenti l’affermazione sarebbe molto grave e offensiva, oltre che falsa.
Ancora, a metà articolo De Gregorio porta l’esempio degli allevamenti, con altre perle di disinformazione spicciola: «Che gli allevamenti intensivi di bovini inquinino aria, terra e acqua quanto e più dei peggiori fumi delle più mefitiche fabbriche, è qualcosa che da anni studi e report mostrano con evidenza. L’Europa non se l’è sentita di equiparare la tossicità degli uni con quella degli altri: troppi enormi interessi economici in gioco. Siamo di nuovo alla scelta tra soldi e salute». Ci vuole un bel coraggio a paragonare i “peti” di tutte le mucche del pianeta con le emissioni di tutte le fabbriche…!
Informarsi prima di offendere gli agricoltori
Il dovere di un bravo giornalista, prima di buttare giù un articolo – che nel caso specifico contribuisce solo ad aumentare la disinformazione sul lavoro degli agricoltori – dovrebbe essere quello di informarsi, piuttosto che scrivere “di pancia”. Per questo, segnaliamo alla De Gregorio alcuni illuminanti dati illustrati da un recente rapporto del Centro Studi Divulga.
I dati sulle variazioni d’uso ci dicono che l’Europa è l’unica area del globo ad avere diminuito l’uso di fertilizzanti a base di azoto, facendo registrare un –15% tra il 1990 e il 2019. Al contrario, nelle altre aree del pianeta sono stati registrati incrementi anche molto significativi, che hanno riguardato in particolare il Sudamerica, dove il balzo è stato del +273% e in Brasile addirittura del +450%.
La situazione dei fertilizzanti a base di fosforo non è molto diversa, con l’area europea a guidare il ranking della sostenibilità con circa 13,5 kg/ha e quella asiatica a fare da fanalino di coda con 75,6 kg/ha (5,5 volte il consumo europeo). Sudamerica e Nord America seguono rispettivamente con 49,6 e 25,4 kg/ha, la Cina e il Brasile si collocano sui 77 kg/ha mentre gli Stati Uniti sono intorno a 25 kg/ha.
Riguardo alle variazioni 1990-2019, l’Europa ha ridotto l’uso di fertilizzanti a base di fosforo di ben il 65%. Nello stesso periodo in Sudamerica l’aumento è stato del 219% (Brasile +260%), nell’Asia dell’est del 56% (Cina +7153%) e nel Nord America del 32% (Stati Uniti +20%).
Per quanto concerne il consumo di agrofarmaci, l’Est asiatico mantiene la testa anche in questa classifica, con un uso di prodotti pesticidi pari a 12,6 kg/ha, seguito dal Sudamerica (5,8 kg/ha) e Nord America (2,5 Kg/ha). Il consumo più basso si registra in Europa, con 1,6 kg/ha. Inoltre, molti dei principi attivi utilizzati per la formulazione dei pesticidi possono risultare autorizzati in un paese e vietati in altri. In particolare, l’Europa presenta gli standard più elevati in termini di minimizzazione dei rischi per la salute umana e per l’ambiente. Solo negli ultimi tre anni, in Brasile sono stati approvati all’uso agricolo 37 principi attivi non autorizzati in Europa, mentre negli Stati Uniti un quarto dei pesticidi attualmente utilizzati risulta vietato nell’Ue.
A rendere la questione ancora più contraddittoria c’è il fatto che, ai divieti di uso in Europa, non corrisponde un divieto di produzione. Dunque, quello che di nocivo l’Europa esporta, se lo ritrova poi nel piatto: l’EFSA ha rilevato come nel 2019 il 7,6% dei prodotti testati provenienti dai paesi terzi presentava un livello di residui che superava, a volte abbondantemente, le soglie ammissibili all’interno dell’Ue.
Un ultimo appunto riguarda le emissioni in atmosfera. Cina, Brasile e Usa da soli coprono circa il 27% delle emissioni agricole globali, che sono cresciute di circa il 15% tra il 1990 e il 2019. Solo l’Ue risulta avere un saldo negativo (–18,5%). Nello stesso periodo le emissioni dell’agricoltura brasiliana sono cresciute del 47%, mentre quelle dell’agricoltura cinese e statunitense rispettivamente del +9,7% e del +6,2%.
In definitiva, i dati raccolti ci raccontano che coltivare un ettaro di soia o produrre un chilo di carne in Europa è oggi largamente più sostenibile che in altre parti del mondo.
Il mondo agricolo deve reagire alle fandonie
La conclusione dell’articolo di Concita De Gregorio meriterebbe una reazione decisa e immediata del mondo agricolo: «Se il reddito mensile di chi coltiva kiwi o alleva mucche debba necessariamente passare dal rassegnarsi a mangiare cibi che ci avvelenano…».
Di fronte a queste affermazioni, non si può rimanere alla finestra. È ora di finirla con le accuse infondate ai nostri agricoltori, frutto solo dell’ignoranza di ciò che si fa tutti i giorni nei campi. Anche per dar da mangiare ai giornalisti come De Gregorio.
Un commento
Franco Dalle Vacche
7 Febbraio 2024 at 1:18 pm
Più sono poco documentati ne competenti sui temi che trattano , è più cercano visibilità su stampa e media, tradendo uno dei compiti principali , cioè dare una informazione seria e precisa, utile a far comprendere. Questi “ commentatori “ sanno che funziona in politica dove possono sostenere tutto e il …..contrario di tutto, ma questo metodo fatto su lavoro , dignità e futuro di chi opera nel nostro settore non a caso definito “PRIMARIO” …..e’ ancora più indecente e confermo offensivo. Ottimo articolo !