Agricoltura: usare meno terra per impiegare meno energia, concimi e acqua

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«Le minime lavorazioni non vanno intese come una facile scorciatoia per ridurre i costi della preparazione del letto di semina, ma come una tecnica che usa meno terra (nel senso della profondità) per ottenere il medesimo risultato. E usare meno terra significa impiegare meno energia, meno acqua, meno fertilizzanti e aumentare il tenore di sostanza organica nello strato attivo di suolo, conservando l’efficienza delle risorse impiegate». Chissà se almeno questo concetto molto semplice e pratico, espresso da Roberto Guidotti, agronomo del CAI (Contoterzisti e agricoltori italiani), non riesca a far breccia nelle radicate convinzioni degli agricoltori che non vogliono sentir parlare di cambiare strada.

Come ha ricordato Guidotti dalle pagine di Terra e vita, ci sono ancora agricoltori che lamentano rese in calo nonostante abbiano aumentato l’intensità delle lavorazioni dopo avere investito denaro per lavorare la terra come si faceva 40 anni fa. Perché si ostinano a non voler capire?

Lavorazioni conservative o minime vuol dire:

  1. Tra un cantiere tradizionale (aratura + frangizolle + erpicatura) e un cantiere moderno con dischi e denti folli, il risparmio di gasolio è almeno pari al 70%.
  2. Lavorare in un’unica passata significa essere tempestivi, lavorando il terreno nelle condizioni migliori, ma anche aumentare la superficie lavorata, abbassando i costi fissi.
  3. Evitando il riporto in superficie di terra degli strati profondi, il terreno perde meno umidità.
  4. Gli apporti di fertilizzanti e di sostanza organica si distribuiscono su un minore volume di terreno e così risultano più efficaci.

L’erpice Enduro Pro di Kverneland abbina dischi e ancore per effettuare la minima lavorazione.

Più benefici nelle annate siccitose

Teniamo conto poi che, in un’annata siccitosa come il 2022, esporre all’insolazione tutto lo strato attivo di terreno e forse anche qualcosa in più, provoca ingenti perdite di acqua per evaporazione che aumentano la frequenza delle irrigazioni.

Le minime lavorazioni espongono all’aria solo lo strato superficiale di suolo e lasciano quasi intatti quelli sottostanti, che vengono protetti dall’essiccazione dalla sottile fascia di terreno affinata che interrompe la risalita capillare. Anche i fertilizzanti e la sostanza organica, se distribuiti in uno spessore di terreno più limitato, diventano più facilmente utilizzabili da parte delle piante.

Ancora una volta occorre fare appello a coloro che almeno mostrano disponibilità a fare delle prove di confronto tra percorsi innovativi rispetto a quello che hanno sempre fatto. Non occorre investire subito in nuove attrezzature: basta rivolgersi a un contoterzista ben attrezzato per le minime e, se lo stato del vostro terreno lo consente, programmate almeno due-tre anni di prove su una piccola superficie e con colture diverse. E non dimenticate di annotare bene tutti i costi, facendo il confronto tra lavorazioni tradizionali e lavorazioni conservative.

Roberto Bartolini

Laureato in agraria all'Università di Bologna, giornalista professionista dal 1987, ha lavorato per 35 anni nel Gruppo Edagricole di Bologna, passando dal ruolo di redattore a quello direttore editoriale. Per oltre 15 anni è stato direttore responsabile del settimanale Terra e Vita. Oggi svolge attività di consulenza editoriale e agronomica, occupandosi di seminativi e di innovazione tecnologica.


2 commenti

  • Antonio

    3 Gennaio 2023 at 9:03 am

    Buongiorno Roberto, leggo sempre con interesse i tuoi articoli e in particolare questi riguardanti la minima lavorazione. Purtroppo i terreni che lavoro, circa 30 ettari a seminativo nelle colline fiorentine, hanno un problema l’argilla quasi in purezza. Quando ho tentato di fare delle prove di testa prendendo spunto anche da questi trattati non ho avuto per niente dei risultati, poi iniziando a fare come i pochi rimasti qui ho arato in estate ( in autunno bastano pochi millimetri di pioggia e non entri più in questi terreni) frangizolle, semina di grano orzo e favino con combinata prima di novembre perché poi con le piogge ci si ritrova a primavera. Alla raccolta per dire quest’anno 45 quintali a ettaro di orzo. Io vorrei risparmiare lavorazioni soldi e energie ma vorrei vedere delle casistiche simili alle mie! Grazie e buon lavoro e buon 2023

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    • Giuliano

      10 Gennaio 2023 at 7:46 am

      Buongiorno, naturalmente certi terreni non si prestano alla minima lavorazione! L’argilla si deve lavorare secondo le vecchie metodologie altrimenti il risultato non c’è!
      Basta pensare a quanto si compatta al passaggio dei mezzi peraltro sempre più pesanti. Per questo si tende a far lavorazioni anche più in profondità, per dar aria, permettere all’ossigeno di entrare tra le zolle e far si che la sostanza organica venga decomposta con processi aerobici!
      La minima lavorazione non la dobbiamo vedere come un metodo pre risparmiare tempo e costi ma per migliorare il terreno e non sempre trova applicazione! Tipo di terreno, zona e superfici degli appezzamenti possono favorire o meno tale metodo!

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