Diciamo la verità: l’agricoltura arranca e serve un rinnovamento dalle fondamenta. Chi fa la prima mossa?

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L’agricoltore, si sa, sopporta male le critiche e tanto meno i rimproveri, ma come si dice… “Quando ci vuole, ci vuole”. E Angelo Frascarelli, in un editoriale comparso nel mese di luglio sull’Informatore Agrario, da profondo conoscitore del mondo agricolo non è andato tanto per il sottile.

Una critica da interpretare come forte stimolo

Frascarelli ha scritto, in conclusione del suo articolo:

[blockquote style=”2″]Gli imprenditori e la politica devono impegnarsi per un’agricoltura più produttiva, più innovativa, aperta al cambiamento, con più aggregazione, con filiere più organizzate, con più capacità tecniche e gestionali.
Gli imprenditori agricoli hanno la più grande responsabilità, si lasciano strumentalizzare e preferiscono non guardare la realtà fino in fondo, perché non hanno la forza di un cambiamento radicale di mentalità, di intraprendere un percorso di nuovo protagonismo sui mercati e si limitano alla lamentela.
Bisogna prendere atto della realtà e darsi da fare. E tutti devono cambiare, dagli imprenditori alla politica, ma in particolare gli imprenditori.[/blockquote]

Finalmente un agricoltore sincero che fotografa la realtà

Davanti a queste parole, gli agricoltori sono rimasti tutti zitti? In gran parte sì, ma per fortuna uno di loro, Claudio Bertolini di Fabbrico (Reggio Emilia), ha preso carta e penna e ha scritto all’Informatore Agrario una bellissima lettera dalla quale stralciamo alcuni dei passi più significativi e che poniamo all’attenzione dei nostri lettori.

[blockquote style=”2″]Noi imprenditori continuiamo a far prevalere la validità del “fai da te”, mera illusione egoistica, del “chi fa da sé fa per tre”, assoluta forma di difesa transitoria, mentre continuiamo a non voler adottare “l’unione fa la forza”, che è e rimarrà eternamente la vera strada che spesso ha portato i deboli alla vittoria. Ma per portarla avanti servono umiltà, onestà e voglia di fare, quindi il divieto assoluto di giustificarsi o di nascondersi dietro il “lamento”.
Oggi dovremo imparare a collaborare, specie tra più aziende, per ottimizzare spese e conoscenze. Perché il tempo per l’individualismo è scaduto e adesso serve unione, per dare forza oltre a salvezza certa alle nostre imprese.
“Salviamo l’agricoltura insieme” è quindi il vero messaggio che ci vuole trasmettere Frascarelli e lo dobbiamo interpretare come un invito, non come una “tirata di orecchie”, perché solo questo è il metodo che ci potrà offrire le migliori opportunità per affrontare un futuro sempre più difficoltoso e sempre più condizionato da elementi imprevedibili come il clima impazzito e i terremoti, sia quelli veri sia quelli finanziari.[/blockquote]

La cosa più preziosa che c’è in queste parole dell’agricoltore è il riconoscere, apertamente e senza vergogna, un modo di operare ormai sorpassato e penalizzante, insieme alla ferma volontà di intraprendere nuove strade. Ma se questo agricoltore illuminato non trova tanti altri colleghi che la pensano come lui… purtroppo non potrà cambiare nulla. E questo è il vero pericolo che corre la nostra agricoltura.

2 commenti

  • mauro bambagioni

    7 Settembre 2016 at 3:21 pm

    La globalizzazione non l’abbiamo scelta ma c’è.
    Difronte, anzi dentro, a questo fenomeno non c’è speranza di farcela da soli. Nel mercato globale le dimensioni contano 10, la qualità conta 1.
    Se è giusto fare qualità per difendere la redditività di chi produce e la salute di chi compra è anche indispensabile fare massa critica con una offerta strutturata, uniformata e coperta da marchi chiari e visibili sul mercato globale.
    Ed è indispensabile fare massa anche quando si acquistano i mezzi di produzione, siano essi concimi o denaro.
    Nel corso di questo percorso di “massificazione” non si deve perdere di vista e/o snaturare il prodotto e le sue radicistoriche e culturali; ma senza questo percorso anche il miglior prodotto, il più sano, il più tradizionale, non raggiungerà il mercato con costanza di prezzo e volumi di vendita che rendano possibile programmare le aziende e dunque farle sopravvivere.

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  • GIOVANNI MICCOLIS

    7 Settembre 2016 at 5:31 pm

    Innovare, aggregare, qualità, quantità, cambiare;
    a volte mi fermo a pensare di tanti bisogni INDOTTI tanto che le implicazioni hanno un solo MCD (Massimo Comun Divisore) legato al fattore finanziario.
    Forse, il vero cambiamento sarà tornare all’antico visto il grande patrimonio colturale e culturale della nostra italiana civiltà contadina?
    Se non altro guadagneremo in salute e se si considera che si lavora per una vita per poi rischiare di spendere quello che si è messo da parte per curarsi,
    forse i totali torneranno?
    Cordialmente

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