Ecco le viti che resistono alla peronospora e all’oidio senza usare antiparassitari

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Hanno diciotto mesi di vita e sono lì che vegetano dentro barattoli di vetro in condizioni sterili nei laboratori della Fondazione Mach, a nord di Trento. Si tratta delle piccole viti trattate con la nuovissima tecnica Crispr che, grazie a un enzima detto di “restrizione”, taglia il dna nel punto voluto sostituendo un gene obiettivo con un altro dotato di specifiche resistenze, in questo caso alle due più dannose malattie che colpiscono le nostre viti, la peronospora e l’oidio, che richiedono ogni anno decine di trattamenti.

La Crispr è una tecnica di ingegneria genetica di ultima generazione, molto differente da quelle utilizzate sino a oggi perché si limita a correggere singoli punti del dna, come avviene in natura quando si verificano le cosiddette mutazioni naturali. Infatti la Crispr non introduce elementi del tutto estranei alla cellulare oppure dna di batteri, come invece avveniva in passato.

«La correzione operata dall’uomo avviene esattamente nel punto voluto – dice Claudio Moser della Fondazione Mach in una recente intervista al quotidiano La Repubblica – a differenza delle tecniche precedenti totalmente imprecise. E poi, una volta uscite dal laboratorio, le piante ritoccate con Crispr sono indistinguibili dalle originali».

La scienza corre, ma la legge è ferma

Ma perché queste piantine, che eviterebbero le decine di trattamenti antiparassitari fatti ogni anno sulle viti, rimangono confinate in laboratorio? Per il semplice fatto che la scienza corre veloce, mentre la legislazione è ferma al palo. L’innovazione genetica è infatti bloccata dalla direttiva europea del 2001 che non riesce a rispondere alla domanda se queste piantine trattate con la tecnica Crispr sono ogm oppure no.

L’avvocatura della Corte di giustizia europea, in un suo parere scritto, ha suggerito di adottare una politica più liberale rispetto al passato, ma la sentenza definitiva arriverà non prima del prossimo giugno e fino ad allora non sarà presa alcuna decisione.

Tutte le occasioni di progresso mancate

Intanto Elena Cattaneo dell’Università di Milano, sempre su La Repubblica, ricorda l’elenco delle occasioni mancate, a causa delle restrizioni legislative, nell’introdurre innovazioni genetiche utili a tutti, degli ultimi anni. Le riepiloghiamo qui di seguito.

  • 2002: le mele cisgeniche del prof. Silviero Sansavini dell’Università di Bologna, resistenti alla ticchiolatura, sono vietate dal Ministero delle politiche agricole e regalate a Olanda e Svizzera.
  • 2011: il prof. Francesco Sala dell’Università di Milano è dovuto emigrare in Cina per sperimentare pioppi resistenti alle malattie e agli attacchi di parassiti.
  • 2012: piante di kiwi, ciliegio e ulivi geneticamente modificati del prof. Eddo Rugini dell’Università della Tuscia per resistere a parassiti o tollerare la siccità sono buttate al rogo a causa della normativa.

Senza dimenticare il pomodoro San Marzano resistente ai virus, un altro progetto rimasto nel cassetto.

Eppure la tecnica Crispr, uscendo dal mondo vegetale, potrà cancellare anche molte malattie genetiche e quindi aprire nuovi scenari per la medicina rigenerativa. Allora, quando finirà lo spauracchio degli ogm?

Roberto Bartolini

Laureato in agraria all'Università di Bologna, giornalista professionista dal 1987, ha lavorato per 35 anni nel Gruppo Edagricole di Bologna, passando dal ruolo di redattore a quello direttore editoriale. Per oltre 15 anni è stato direttore responsabile del settimanale Terra e Vita. Oggi svolge attività di consulenza editoriale e agronomica, occupandosi di seminativi e di innovazione tecnologica.


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