Grano, basta con il vecchio conto deposito: puntiamo su aggregazione e contratti di filiera

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«Il conto deposito non consente alle cooperative e alla altre strutture di stoccaggio di immettere con costanza il prodotto sul mercato secondo le esigenze dei trasformatori. Così subiamo le conseguenze della volatilità dei prezzi senza riuscire a governare bene le transazioni e sfruttare al meglio le occasioni di vendita. Inoltre le attuali quotazioni delle borse merci penalizzano gli agricoltori e non garantiscono trasparenza. Quest’anno i livelli qualitativi del grano duro sono stati elevati, eppure alla Borsa merci di Bologna il grano migliore quotato si fermava al 13% di proteine, parificando tutto verso il basso». A sostenerlo è Patrizia Marcellini, coordinatrice del settore cereali dell’Alleanza delle Cooperative agroalimentari, in una recente intervista pubblicata su Terra e Vita che ritorna anche sui contratti: «I contratti di filiera sono gli unici strumenti idonei a mitigare gli effetti della volatilità dei prezzi del grano duro, che è un “prodotto di nicchia” nello scenario mondiale delle commodities. Inoltre i nostri agricoltori, con maglie poderali piccole, non possono continuare ad andare ognuno per conto proprio, ma occorre aggregazione».

I contratti ci sono e funzionano

Barilla, Granoro, Baronia, La Molisana, De Cecco, Divella e tanti altri pastifici ancora promuovono con sempre più successo i contratti di coltivazione del grano duro attraverso accordi di filiera che stanno avendo ragione in termini economici. Non è vero che il 14% e più di proteine si è potuto fare solo quest’anno con le condizioni climatiche eccezionali che abbiamo avuto, perché chi fa contratti da 15 anni a questa parte e si è ben organizzato dal punto di vista agronomico, con scelte oculate su varietà, concimazioni e difesa, le proteine le ha sempre portate a casa insieme ai premi.

Finalmente c’è il prezzo minimo garantito

Inoltre i contratti di filiera finalmente prevedono un prezzo minimo garantito, con una cifra fissa che vale anche se i listini quotano sotto questa soglia.

Il prezzo minimo garantito è intorno ai 26 euro/ql e, se le quotazioni di mercato sono più basse, vale comunque questo prezzo. Se invece il listino della borsa merci dovesse risultare superiore, viene riconosciuto il prezzo di listino sommato dei premi, se la qualità supera quella standard (sempre al netto delle spese di deposito che rimangono a carico dell’industria).

Ma se il prodotto non raggiunge gli standard richiesti? Il prodotto viene ritirato ugualmente, sulla base del prezzo di mercato vigente al momento della vendita.

Quest’anno, anche se i prezzi sono stati migliori rispetto a quelli del 2016, ottenere dal contratto, con certezza, 26 euro/ql anziché i 220-230 euro/ql, è stata una scelta vincente. E poi vanno aggiunti i premi qualità per chi raggiunge un livello proteico superiore, che non sono alla portata di tutti, ma certamente di molti di più di coloro che oggi riescono a incassarli. Perché per fare il salto di qualità occorre l’innovazione, mentale e tecnica!

Roberto Bartolini

Laureato in agraria all'Università di Bologna, giornalista professionista dal 1987, ha lavorato per 35 anni nel Gruppo Edagricole di Bologna, passando dal ruolo di redattore a quello direttore editoriale. Per oltre 15 anni è stato direttore responsabile del settimanale Terra e Vita. Oggi svolge attività di consulenza editoriale e agronomica, occupandosi di seminativi e di innovazione tecnologica.


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