I residui colturali sono una risorsa importante, ma vanno trattati con attrezzature ben progettate
In questi ultimi anni tantissimi agricoltori stanno finalmente rivalutando i benefici dei residui colturali, che aumentano la dotazione di sostanza organica del suolo e riducono i fenomeni erosivi, il ruscellamento in collina, la lisciviazione dei nitrati in falda e le perdite per evaporazione, tesaurizzando l’umidità necessaria alla buona germinazione del seme. Dunque i residui non vanno interrati ma, se non si opta per la semina diretta su sodo, occorre gestirli in maniera adeguata con una lavorazione superficiale conservativa, utilizzando però attrezzature costruite in un certo modo. Per evitare che poi si creino problemi al momento del passaggio della seminatrice.
Per gestire bene elevati quantità di residui colturali rimasti in superficie dopo la raccolta soprattutto di colture come mais e sorgo, l’attrezzatura per la minima lavorazione deve disporre di una adeguata luce libera dal suolo. Inoltre gli elementi di lavoro, ben dimensionati, devono essere ben distanziati tra loro e disposti in più ranghi per evitare ingolfamenti e aumento dello sforzo di trazione.
Importante è anche la possibilità di regolazione di tutti gli organi di lavoro e la possibilità di adattarli alle condizioni di lavoro che si presentano, così su un unico telaio deve esserci la possibilità di costruire diverse combinazioni tra lame, dischi e rulli di diversa foggia. Il segreto di un buon attrezzo da minima lavorazione, in poche parole, sta nella sua versatilità e robustezza.
La combinazione di ancore e dischi è la soluzione più diffusa, ma anche in questo caso occorre saper scegliere bene per evitare inconvenienti con preparazioni del letto di semina troppo grossolane.
Il coltivatore CLC di Kverneland: diversi modelli per tutte le condizioni
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Un commento
Nicola D' amelio
20 Luglio 2019 at 4:47 pm
Interessante