Non dimentichiamo la soia nel piano colturale 2016, ma attenzione a scegliere bene il percorso agronomico

soia-2016

Grazie alle nuove regole del greening e al fatto che gli agricoltori giustamente stanno rivalutando la diversificazione e la rotazione colturale, la soia nel 2015 ha superato i 310 mila ettari di superficie coltivata, con un netto balzo in avanti rispetto al 2014. Ma poiché la superficie a nostro avviso ideale per l’Italia è attorno ai 450 mila ettari, c’è ancora un po’ di strada da fare, anche se i segnali positivi non mancano.

Non fatevi scoraggiare dalle basse rese del 2015

Una raccomandazione prima di tutte le altre: cari agricoltori, non fatevi scoraggiare dalle rese non eccelse della soia 2015, perché non dobbiamo dimenticare che c’è stata un’estate eccezionale e tutti i seminativi estivi hanno sofferto.

Inoltre, una volta reintrodotta una coltura in azienda, non la si può giudicare prima di 3-4 anni di messa in campo continuativamente. Lavorando a cielo aperto, le variabili sono troppe per poter dare un giudizio economico positivo o negativo dopo un solo anno di coltivazione.

La soia è una coltura che produce e può dare reddito, ma occorre seguire un percorso agronomico corretto, altrimenti si lasciano in campo parecchi quintali.

Evitare il seme prodotto in azienda

Prima di tutto la scelta del seme e della varietà: va evitato tassativamente l’uso di semi di auto-produzione aziendale. Chi lo fa pensa di risparmiare soldi, ma alla fine ne perde tantissimi. Occorre quindi scegliere un seme certificato e possibilmente prodotto in Italia con tutte le garanzie di purezza genetica, tracciabilità e ogm-free, ad alta germinabilità e sanità documentata dall’azienda sementiera. Queste sono le caratteristiche che possiedono le varietà commercializzate dalle più note società sementiere presenti in Italia.

soia
Se si vuole produrre bene la soia, occorre evitare il seme di autoproduzione aziendale e scegliere il seme prodotto in Italia, garantito e lavorato industrialmente.

Occorre favorire al massimo l’azotofissazione

Passiamo ora alla peculiarità principale della soia che la distingue per esempio dal mais: l’azotofissazione.

La soia fissa direttamente l’azoto atmosferico attraverso batteri presenti all’interno di noduli che vivono in simbiosi con il suo apparato radicale. L’azotofissazione è quindi un processo fondamentale affinché la soia possa produrre, e per renderlo il più efficiente possibile occorrono carboidrati (prodotti dalla fotosintesi), fosforo e aria, ma ci vuole anche una notevole abbondanza di rizobi vitali.

Da qui nasce un primo consiglio pratico fondamentale: il seme deve essere predisposto per favorire la nodulazione e l’azotofissazione. Sipcam Italia, nel corso di un recente meeting organizzato da Kverneland Group Italia, suggerisce due strade possibili:

  1. utilizzo di seme già conciato e rizobiato Optimax;
  2. distribuzione con microganulatore al momento della semina di Umostart G maxi.
Per ottenere perfette e rapide emergenze è necessario seminare con attrezzature, come la Optima HD Accord di Kverneland, capaci di deporre il seme di soia alla giusta profondità e con precisione anche in presenza di residui colturali e di una certa zollosità.
Per ottenere perfette e rapide emergenze è necessario seminare con attrezzature, come la Optima HD Accord di Kverneland, capaci di deporre il seme di soia alla giusta profondità e con precisione anche in presenza di residui colturali e di una certa zollosità.

Il seme conciato Optimax

Nel seme conciato con tecnologia Optimax sono presenti in un mix i rizobi che producono i noduli radicali, i lipo-chito-olisaccaridi che inducono la nodulazione e i penicilli, dei funghi simbionti che rendono disponibile il fosforo presente nel terreno, rendendolo assimilabile da parte delle radici e che abbiamo visto essere fondamentale per una buona nodulazione.

Umostart G Maxi con il microgranulatore

Nel secondo caso si tratta di mescolare al seme Umostart G Maxi (15-20 kg/ha), che è un inoculo di rizobi su base fertilizzante starter che fornisce alla soia l’energia per insediarsi rapidamente e avere un’abbondante nodulazione. La base fertilizzante organo-minerale fa sviluppare rapidamente una notevole quantità di radici sulle quali si insediano i rizobi.

La minima lavorazione del terreno, qui effettuata dal coltivatore CLC di Kverneland, si adatta perfettamente per la preparazione del letto di semina per la soia, abbattendo del 50-60% i costi rispetto alle lavorazioni tradizionali.
La minima lavorazione del terreno, qui effettuata dal coltivatore CLC di Kverneland, si adatta perfettamente per la preparazione del letto di semina per la soia, abbattendo del 50-60% i costi rispetto alle lavorazioni tradizionali.

Lavorazione del terreno ed epoca di semina

Per la lavorazione del terreno, le minime lavorazioni e lo strip-till (lavorazione a bande) sono ideali per velocizzare le operazioni e sfruttare bene le ridotte finestre operative primaverili, rendendo il letto di semina ideale per accogliere il seme di soia.

Come epoca di semina per i primi raccolti, si deve considerare il periodo tra il 25 aprile e il 15 maggio, mentre per i secondi raccolti dopo i cereali a paglia è meglio procedere appena si può, quindi occorre considerare anche l’opportunità di effettuare la semina su sodo direttamente sui residui colturali, che è un sistema vincente per la soia.

kverneland-kultistrip
Il Kverneland Kultistrip, oggi disponibile anche nelle versioni a 8 e 12 file anche per lavorazioni a 45 cm tra le file, è ideale per la preparazione del suolo in un unico passaggio a cui far seguire la semina.

Preferire il diserbo di pre-emergenza

Altro punto critico del percorso agronomico è il diserbo. Molti agricoltori continuano a preferire il post emergenza, ma questa non è una scelta opportuna perché solo in pochi casi si rivela davvero vincente, oltre al fatto che può arrecare danni alla coltura e incentivare le infestanti resistenti.

Quindi è preferibile il trattamento di pre-emergenza, dal momento che ci sono prodotti nuovi ed efficaci come per esempio il nuovo Bismark (dose 2-2,5 l/ha), una sospensione in microcapsule che insieme al Song 70 WDG (dose 0,15-0,25 kg/ha) permette il controllo di tutte le infestanti principali della soia. Questa strategia permette di controllare anche Abutilon, Bidens e Acalifa.

Se proprio fosse necessario, ecco come effettuare il diserbo post-emergenza

Nel caso siamo scappate alcune malerbe e quindi sia necessario intervenire anche in post-emergenza, si consigliano prodotti a base di clomazone come per esempio Sirtaki, un nuovo erbicida che controlla anche le nascite scalari di Abutilon e le graminacee, da impiegare a 0,3 l/ha sino allo stadio di 3° trifogliata.

Una raccomandazione: se si vogliono evitare possibili stress della soia causati dal diserbo di post, è bene miscelare agli erbicidi ad azione fogliare anche Phomag (dose 3-3,5 l/ha), un concime fogliare a base di fosforo e magnesio che accelera il recupero dell’attività fotosintetica e accelera lo sviluppo della soia.

La soia, per produrre, richiede acqua nei momenti giusti

Se si vuole produrre bene la soia non bisogna dimenticare l’irrigazione, che è fondamentale soprattutto nell’intervallo di tempo che va da poco prima della fioritura sino alla formazione e al riempimento del seme. Negli ultimi anni è stata sperimentata con successo anche l’ala gocciolante, che si combina bene con il sistema di lavorazione a strisce.

Per evitare di sprecare acqua si consiglia di dotarsi di sonde dell’umidità del suolo, da disporre in alcuni punti dell’appezzamento per poter avere indicazioni precise circa la più corretta epoca di distribuzione dell’acqua.

Una sonda posta nel terreno per monitorare l’umidità dell’acqua e suggerire il momento ideale per irrigare.
Una sonda posta nel terreno per monitorare l’umidità dell’acqua e suggerire il momento ideale per irrigare.
I dati trasmessi dalle sonde permettono di creare dei grafici che ci dicono come si muove l’umidità del suolo per evitare di sprecare acqua oppure di non irrigare al momento richiesto dalla pianta.
I dati trasmessi dalle sonde permettono di creare dei grafici che ci dicono come si muove l’umidità del suolo per evitare di sprecare acqua oppure di non irrigare al momento richiesto dalla pianta.

Roberto Bartolini

Laureato in agraria all'Università di Bologna, giornalista professionista dal 1987, ha lavorato per 35 anni nel Gruppo Edagricole di Bologna, passando dal ruolo di redattore a quello direttore editoriale. Per oltre 15 anni è stato direttore responsabile del settimanale Terra e Vita. Oggi svolge attività di consulenza editoriale e agronomica, occupandosi di seminativi e di innovazione tecnologica.


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