Nuove regole sull’etichettatura della pasta di semola di grano duro: l’origine è obbligatoria

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È stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale il tanto discusso decreto sull’etichettatura della pasta di semola di grano duro. Gli obiettivi della nuova legge, dichiarati dal Ministero per le politiche agricole, sono i seguenti:

  • Favorire i processi di aggregazione dell’offerta della materia prima e mettere a sistema di contratti di filiera;
  • Individuare percorsi di valorizzazione e di incentivazione del frumento duro di qualità;
  • Individuare strategie di valorizzazione della capacità produttiva ancora inespressa del settore;
  • Innalzare i parametri qualitativi dell’intera filiera produttiva;
  • Incentivare l’investimento in innovazione e ricerca.

Si tratta di obiettivi già ampiamente scontati, ma che purtroppo in Italia non riusciamo ancora a centrare con costanza e soprattutto con masse critiche di rilievo.

Il decreto stabilisce inoltre che sull’etichetta della pasta devono essere indicate due cose:

  1. Paese di coltivazione del grano: cioè dove è stato coltivato il grano duro.
  2. Paese di molitura: dove cioè è stata ottenuta la semola di grano duro.

Ma cosa succede nel caso di grani coltivati o di semole ottenute in più di un paese? Qualora le due operazioni avvengano in territori di più paesi membri o non della Ue, per indicare il luogo dove ogni operazione è stata effettuata, anche in assenza di miscele possono essere utilizzate le seguenti diciture: “UE”, “non UE”, “UE e non UE”. Qualora invece il grano utilizzato sia stato coltivato per almeno il 50% in un singolo paese, può essere utilizzata la dicitura “nome del paese” nel quale è stato coltivato almeno il 50% e “Altri Paesi (UE, non UE, UE e non UE)” a seconda dei casi in questione. Tali diciture devono essere ben visibili al consumatore e le disposizioni del decreto varranno sino al 31 dicembre 2020.

Non c’è dubbio che la sempre maggiore attenzione da parte dei consumatori sull’origine dei prodotti alimentari acquistati e la consapevolezza che in Italia lavoriamo meglio rispetto ad altri paesi dovrebbe, almeno nel medio termine, portare qualche vantaggio alla filiera italiana. E quindi anche ai nostri coltivatori che producono qualità.

Un ultimo aspetto rilevante del decreto è che l’aggregazione e i contratti di filiera sono al centro della strategia governativa a favore del grano, e questo ci fa piacere, dato che è l’unica strada per salvaguardare la nostra produzione cerealicola.

Roberto Bartolini

Laureato in agraria all'Università di Bologna, giornalista professionista dal 1987, ha lavorato per 35 anni nel Gruppo Edagricole di Bologna, passando dal ruolo di redattore a quello direttore editoriale. Per oltre 15 anni è stato direttore responsabile del settimanale Terra e Vita. Oggi svolge attività di consulenza editoriale e agronomica, occupandosi di seminativi e di innovazione tecnologica.


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