”Sono un agricoltore innovativo, ma mantengo la tradizione dei rivai”

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«Andare a tagliare la legna è diventato troppo difficile e tanti preferiscono comprare il bancale già pronto, ma io finché posso continuerò a farlo, perché la ritengo una “tradizione” e le tradizioni bisogna portarle avanti. Anzi, sarebbe cosa utile insegnarla ai più giovani». Enrico Soffiati, agricoltore di Cerea (Verona), guarda con grande attenzione alle innovazioni agricole, prima tra tutte l’applicazione della minima lavorazione del terreno per cercare di frenare il degrado dei suoli e aumentarne pian piano la fertilità chimica e fisica, oltre che far ritornare la microfauna. Ma parallelamente questo agricoltore cerca di non disperdere le grandi tradizioni contadine del passato, tra le quali lo sfruttamento sostenibile dei rivai.

I “rivai”, filari di vari tipi di arbusti nella campagna dell’azienda agricola Soffiati .

«Una volta in campagna – spiega Soffiati – in quasi tutte le aziende agricole esistevano i “rivai”, filari di vari tipi di arbusti (platano, acacia, gelso, salici) che servivano per produrre la legna per la casa ed erano utili per non far franare le rive dei fossati. Dal taglio della legna si raccoglieva tutto, persino i rametti che diventavano “fascine” utilizzate per accendere il fuoco. Dai ceppi che restavano (“zocche”) in primavera spuntavano nuovi polloni, grandi e piccoli, dritti e storti. E negli inverni seguenti (almeno tre) l’agricoltore faceva la spollonatura (“sbagolar i rami”). Ma ormai questa pratica non la esegue quasi più nessuno e i rivai stanno scomparendo: con la meccanizzazione tanti macinano ogni cosa con bracci decespugliatori o addirittura eliminano tutto per non avere problemi. Io invece, che ho 42 anni, questa pratica la eseguo ancora: adopero persino il coltellaccio detto “stegagno”, anche se il grosso del lavoro lo faccio con il motosega da potatura».

La legna spaccata da utilizzare in casa
La caldaia dove Soffiati fa bruciare la legna

«Forse qualcuno mi crederà matto – prosegue Soffiati – ma a me piace. Vedere ordine in campagna mi gratifica (“l’ocio el vol la so parte”) e anche dopo tre anni riesco ad avere tanta legna da ardere che adopero per riscaldarmi la casa. Tutto il resto lo elimino con la trinciatura, ma con una parte faccio le “fascine” per creare il “bruiolo” di Santa Lucia. Le tradizioni bisogna portarle avanti e sarebbe cosa utile insegnarle ai più giovani».

Le fascine per preparare il “bruiolo” di Santa Lucia.
Il glorioso e antico coltellaccio detto “stegagno”.

Anche questo è un messaggio di un’applicazione pratica e spontanea della sostenibilità ambientale, che ha anche un notevole ritorno economico, visto quello che costa scaldare le nostre abitazioni.

Roberto Bartolini

Laureato in agraria all'Università di Bologna, giornalista professionista dal 1987, ha lavorato per 35 anni nel Gruppo Edagricole di Bologna, passando dal ruolo di redattore a quello direttore editoriale. Per oltre 15 anni è stato direttore responsabile del settimanale Terra e Vita. Oggi svolge attività di consulenza editoriale e agronomica, occupandosi di seminativi e di innovazione tecnologica.


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