Accesso ai Psr per le imprese agromeccaniche, occorre un piano di formazione culturale

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I contoterzisti sono agricoltori a tutti gli effetti e quindi devono poter accedere ai contributi dei PSR destinati all’innovazione: Mipaaf e Coldiretti lo dichiarano ormai con convinzione in ogni occasione di pubblico dibattito sul tema e giustamente Confai (la Confederazione Agromeccanici e Agricoltori Italiani) se ne compiace. Pare che presto, finalmente, si passerà dalle parole ai fatti in occasione della nuova Pac, con una normativa specifica che, se vedrà la luce in tempi brevi, si rivelerà una mossa politica strategica e vincente.

La strada maestra per accelerare sull’innovazione

L’accesso dei contoterzisti ai Psr è l’unica strada percorribile per dare una forte accelerazione a quel processo di modernizzazione delle agrotecniche che va dalla gestione conservativa dei suoli, alla distribuzione sostenibile di effluenti e digestati e all’applicazione della rivoluzione digitale, cioè la nuova frontiera che consente di utilizzare, con strumenti elettronici, una infinità di dati oggi sconosciuti a tutto vantaggio della produttività, della qualità e salubrità dei raccolti, oltre che della sostenibilità ambientale e di quella economica dei nostri agricoltori.

La trasformazione digitale è destinata a cambiare il volto dell’agricoltura come la conosciamo oggi. Il digitale esce dal computer per entrare negli oggetti di uso quotidiano, trasformandone i connotati e l’uso. Ben di più della quarta rivoluzione industriale, è un cambiamento non solo del come si fanno le cose, ma anche del cosa abbia senso fare.

Mettiamo in moto la rivoluzione culturale

Protagonisti assoluti di questa rivoluzione agronomica e tecnologica possono e devono essere i contoterzisti, a patto però che utilizzino come si deve i tanto agognati contributi PSR dai quali oggi sono ingiustamente esclusi. E come si fa ad evitare un ennesimo flop delle sovvenzioni europee? Occorre innescare una rivoluzione culturale, cioè provvedere in tempi rapidi a un vasto processo informativo e formativo specifico rivolto agli agromeccanici, che deve diventare l’attestato obbligatorio da esibire per poter accedere di diritto a determinate sovvenzioni.

Cosa significa “agromeccanico”?

Quello dell’agromeccanico è un ruolo impegnativo, lo dice la parola: deve prima intendersi di agronomia, poi essere esperto di meccanizzazione e ora anche tanto altro. Si deve quindi partire dai concetti di corretta gestione del suolo agricolo, il bene più prezioso che abbiamo da salvaguardare, scegliendo con oculatezza le attrezzature più idonee, e si deve accompagnare con tecniche adeguate la crescita delle colture per passare al mondo del digitale avanzato, che non vuol dire solo guida automatica o guida parallela. Ci riferiamo per esempio all’interpretazione in chiave agronomica delle mappe di raccolta e delle mappe del suolo, all’utilizzo corretto dei rilievi satellitari nel corso della vita fisiologica delle colture per adeguare gli input, alla realizzazione pratica delle mappe di prescrizione per la distribuzione a dosi variabili di sementi, concimi e agrofarmaci con il trasferimento dati sul computer di bordo e a tutto quant’altro attiene all’interattività programmata dei lavori in campo. Per non parlare dell’analisi puntuale e sistematica dei costi di gestione delle colture da sottoporre a fine campagna al giudizio del cliente, la chiave necessaria per spronarlo a non voltarsi indietro e a non fermarsi con l’innovazione.

I contoterzisti sono davvero pronti?

I nostri contoterzisti oggi sono pronti per offrire con la necessaria professionalità ai loro clienti questi servizi e diventare indispensabili consulenti degli agricoltori? Questo se lo devono domandare prima di tutto il Mipaaft, le organizzazioni professionali e, anche o forse soprattutto, quelle dei contoterzisti.

A nostro avviso, molta strada deve ancora essere fatta in questa direzione e il tempo stringe. Mettere insieme e saper interpretare bene l’enorme mole di dati che la tecnologia ci mette a disposizione in un nanosecondo, è la vera nuova sfida che l’agromeccanico deve vincere se vuole essere protagonista della prossima rivoluzione agricola. E per compiere questo salto culturale (con la “u”) non deve essere lasciato solo, altrimenti si fanno solo chiacchiere e si disperderanno ancora una volta una montagna di euro provenienti da Bruxelles.

Roberto Bartolini

Laureato in agraria all'Università di Bologna, giornalista professionista dal 1987, ha lavorato per 35 anni nel Gruppo Edagricole di Bologna, passando dal ruolo di redattore a quello direttore editoriale. Per oltre 15 anni è stato direttore responsabile del settimanale Terra e Vita. Oggi svolge attività di consulenza editoriale e agronomica, occupandosi di seminativi e di innovazione tecnologica.


Un commento

  • marco

    12 Febbraio 2020 at 9:50 pm

    ottimo, cosi fregano il poco lavoro rimasto agli agricoltori.

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