Sos mais italiano: in dieci anni persi oltre 400mila ettari di superficie seminata

Italia, anno 2006: 1.100.000 ettari a mais.
Italia, anno 2016: 656.000 ettari a mais.
Questo il bilancio del tracollo di una delle colture più strategiche per il nostro “Made in Italy”. E intanto le importazioni di mais continuano ad aumentare. I motivi? La volatilità del mercato, con una forte oscillazione dei prezzi, e gli elevati costi di produzione del mais.
Parliamoci chiaro: sulla volatilità nessuno può fare qualcosa per cambiare i mercati, che sono globali e seguono andamenti imprevedibili, ma in merito ai costi di produzione, tutto dipende dall’agricoltore. E qui c’è tanto da fare, anche se sappiamo che molti agricoltori che di fronte a questa affermazione allargano le braccia, convinti di avere fatto sempre il massimo possibile.
Scegliere l’ibrido dopo avere fatto le prove aziendali
Partiamo dalla scelta dell’ibrido. Quanti sono gli agricoltori che ogni anno dedicano almeno un ettaro per provare due o tre novità genetiche che possono adattarsi al proprio terreno e al proprio percorso colturale, tradizionale o innovativo che sia? La risposta è: pochissimi. E questo è già un primo errore, perché ogni anno la genetica ha da dire qualcosa di nuovo e quindi solo provando con costanza ogni anno qualche nuovo ibrido si può individuare quello ancora più giusto per ciascuna realtà aziendale.
Le novità che dimostrano di andare meglio rispetto a ciò che si è sempre seminato vanno messe alla prova almeno per altri due anni prima di decretarne il pieno successo.
La preparazione del letto di semina
Solo chi sa fare bene i conti ormai si è convinto che aratura ed erpicature devono essere sostituite con la minima lavorazione (anche un solo passaggio) o con lo strip-till, che è la lavorazione a bande. Così facendo si risparmiamo da 250 a 300 euro/ha e soprattutto si riesce a essere tempestivi per seminare al momento giusto, dato che, dopo un solo passaggio, la seminatrice può entrare in campo.
Epoca, densità di semina e concimazione starter
Come decidere quando seminare? Non con il calendario, ma con il termometro. Infatti il seme di mais va posto nel terreno quando questo presenta stabilmente 10°C a 5 cm di profondità. Solo a partire da questo livello termico il mais può emergere bene, in una quindicina di giorni al massimo.
Sulla densità di semina, poi, ormai ogni ibrido ha la sua ricetta a seconda che si lavori in asciutto o con irrigazione. Ma la grande novità da introdurre con giudizio in azienda è la semina a dose variabile, realizzabile solo con seminatrici specifiche dotate di sistema satellitare, come per esempio la Kverneland Optima HD TF profi e-drive II, che illustriamo qui di seguito con qualche didascalia.
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Riuscire a dosare 7-8 piante/mq nelle zone meno fertili e 10 piante/mq in quelle più fertili significa aumentare sensibilmente la produzione. Ma l’agricoltore potrebbe obiettare che, aumentando la dose, aumentano le spese per l’acquisto del seme. Questo è vero, ma nella maggior parte dei casi già applicati in azienda, possiamo dimostrare che ne vale la pena.
Facciamo i conti con un esempio aziendale
Se prendiamo l’esempio dell’azienda Novella Sentieri di Cremona, con il passaggio da 8,5 a 10 piante/mq la produzione di sostanza secca dell’insilato è aumentata da 23,2 a 24 t/ha, con un incremento delle spese di acquisto della semente da 230 a 270 euro/ha. Ma cosa è successo alla PLV?
Come si vede dal grafico qui sopra, la PLV è aumentata di 204 euro/ha, e tolta la spesa in più per il seme (40 euro/ha), si ottiene un aumento del reddito netto di 164 euro/ha.
Non dimentichiamo la concimazione starter con prodotti innovativi
Altro punto da non trascurare è la concimazione starter alla semina con fosforo e potassio, che sarebbe opportuno distribuire non con i concimi tradizionali, ma con prodotti granulari preparati ad hoc, come per esempio Umostart Om Power di Sipcam Italia.
Il fosforo è fondamentale nei primi stadi vegetativi del mais, ma le radici hanno difficoltà ad assorbirlo se è lontano dal seme, perché è un elemento immobilizzato dalla matrice del terreno.

Come si vede dall’immagine qui sopra, lo sviluppo radicale del mais trattato con Umostart nel solco di semina (a sinistra) è molto superiore alla radice trattata con il classico concime 18-46 ( a destra). È evidente che se il mais parte bene, con un apparato radicale ben formato e allargato nel suolo, ci sono tutte le premesse per una ottima produzione finale.
Evitare stress alla coltura
Sono solo i quintali di granella e di trinciato che, comunque siano i prezzi di mercato, possono controbilanciare l’impatto dei costi di coltivazione sul reddito netto finale; quindi l’agricoltore deve mettere il mais nelle condizioni migliori possibili, per evitare soprattutto gli stress che sono la prima causa della suscettibilità agli attacchi parassitari e alla riduzione della produzione finale.
Inoltre, l’irrigazione ben equilibrata e la difesa dalla piralide sono due aspetti chiave per puntare alle alte produzioni. Ma di questo parleremo in un prossimo articolo.