Agricoltura, la Pac obbliga la copertura del suolo nei periodi sensibili

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Nell’ambito delle nuove disposizioni Pac sulla condizionalità, la BCAA 6 “Copertura minima del suolo per evitare di lasciare nudo il suolo nei periodi più sensibili” obbliga la copertura vegetale dei terreni agricoli già a partire dal settembre 2023. Dunque i beneficiari della Pac hanno l’obbligo di mettere in atto almeno una tra le seguenti pratiche:

  1. Mantenere la copertura vegetale, naturale (inerbimento spontaneo) o seminata, per 60 giorni consecutivi nell’intervallo di tempo compreso tra il 15 settembre e il 15 maggio successivo, adattabile a livello regionale in funzione dell’ordinamento colturale prevalente e della piovosità.
  2. Lasciare in campo i residui della coltura precedente per 60 giorni consecutivi nel periodo di cui al punto 1, fatte salve l’esecuzione delle fasce tagliafuoco.

Per “inerbimento spontaneo” si intende l’assenza di lavorazioni che compromettano la copertura vegetale del terreno agricolo per il periodo definito.

Le lavorazioni ammesse

Ai fini del rispetto della presente norma, sono ammesse lavorazioni che non interrompano la copertura vegetale del terreno o che lascino sul terreno i residui della coltura precedente, come per esempio discissura, rippatura, iniezione o distribuzione degli effluenti non palabili con tecniche basso emissive.

Perché 60 giorni di stop

La durata dei 60 giorni consente di realizzare il compromesso tra un sufficiente accrescimento della vegetazione, con conseguente arricchimento in sostanza organica del suolo, e il rispetto dei tempi necessari alla buona conduzione delle lavorazioni del terreno, nonché delle coltivazioni principali che si avvicendano negli ordinamenti produttivi italiani

Il periodo consigliato

Per quanto concerne la collocazione del periodo, si legge nel regolamento Pac: “Alle nostre latitudini e nelle attuali condizioni di cambiamento climatico, il periodo ottimale si colloca nei mesi di dicembre e gennaio, poiché il prolungamento delle condizioni siccitose fino a ottobre sposta in avanti il periodo delle lavorazioni e delle nuove semine, rendendo possibile la buona conduzione delle coltivazioni autunno vernine e la crescita della vegetazione spontanea o seminata a perdere che precede le coltivazioni primaverili“.

Roberto Bartolini

Laureato in agraria all'Università di Bologna, giornalista professionista dal 1987, ha lavorato per 35 anni nel Gruppo Edagricole di Bologna, passando dal ruolo di redattore a quello direttore editoriale. Per oltre 15 anni è stato direttore responsabile del settimanale Terra e Vita. Oggi svolge attività di consulenza editoriale e agronomica, occupandosi di seminativi e di innovazione tecnologica.


9 commenti

  • Arturo

    23 Febbraio 2023 at 8:46 am

    Interessante iniziativa

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  • Vincenzo Giovinazzo

    23 Febbraio 2023 at 2:07 pm

    Da sempre il mio uliveto lo coltivo con l’inserimento naturale. L’erba sfalciata rimane a protezione dell’apparato radicale e mantiene umido il terreno cosicché i miei ulivi secolari non hanno bisogno di essere innaffiati artificialmente perché il terreno mantiene la giusta umidità a seguito di piogge naturali. Un’altro vantaggio è quello della raccolta delle olive, che consente di muoversi più facilmente sotto gli alberi dove non si crea fango per via della presenza del tappeto di erba. Ovviame ci sono altri vantaggi, ad esempio quello della crescita spontanea di erbe commestibili: cicorie, finocchio selvatico, malve eccetera.

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  • Sergio

    23 Febbraio 2023 at 6:27 pm

    QUESTA PRATICA ROMPE LA MONOSUCESSIONE?

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  • Azelio

    23 Febbraio 2023 at 6:37 pm

    L’inserimento se fatto da semina lo si ha ad esempio da febbraio ad aprile. Di maggio si sfalcia e si raccoglie, quindi i 60 giorni di inerbimento da settembre sono passati alla grande, Cosi’ come l’inerbimento spontaneo. Non capisco! Ma chi ha fatto questa normativa mica tanta volte e’ stato in un campo di tabacco ” forte”. Mi piacerebbe sapere che ne pensa Bartolini.

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  • Mangoni Piercarlo

    23 Febbraio 2023 at 6:55 pm

    Purtroppo in alcune zone della pianura Padana i terreni argillosi non permettono tutte le lavorazioni in alcuni periodi dell’anno. L’aratura e la minima lavorazione nei terreni argillosi è impossibile nell’inverno inoltrato o in primavera. Questo se si vuole produrre un buon raccolto.
    Ad esempio nella provincia di Parma l’aratura viene eseguita subito dopo il raccolto .
    Io sono 60 anni che lavoro i terreni e so per esperienza che la terra va rispettata.

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  • Oreste

    24 Febbraio 2023 at 2:00 pm

    Una cagata pazzesca, se si ara in primavera o fine inverno in certi terreni fai dei ciocchi tali per cui devi fare tre passate anziché una con spreco di tempo e consumo di gasolio e quindi aumento di inquinamento

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  • Solito vito

    25 Febbraio 2023 at 8:06 am

    Io penzo che non possano imparare a coltivare il mio terreno E 56ANNI CHE LO COLTIVO AVRO IMPARATO QUALCOSA.
    IO SULSODO FO LA MAGESA LAVORO CON ARATRO PER NON AVERE DELLE ERBEINFETTANTE.E SEMINO FINE OTTOBRE E NOVEMBRE. GENERALMETTE O FINITO DI SEMINARE

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  • Sandro

    25 Febbraio 2023 at 7:23 pm

    Era ora , chi vive e pratica la campagna ha notato che i terreni dopo la raccolta se arati immediatamente subiscono un impoverimento che li porta alla desertificazione. Bene le nuove regole sul mantenimento della copertura vegetale fino alle successive semine. Gli agricoltori vanno incentivati in questa pratica che tutela l’ambiente.

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  • Raffaele

    26 Febbraio 2023 at 4:10 pm

    Buonasera l’idea e bellissima ma non. Avete fatto i conti coi diserbi che per fare nascere erba nei suoli trattati coi diserbi di oggi non ci vogliono 2 mesi ma minimo
    un anno, parlo per esperienza diretta con terreni confinanti lasciati dopo la mietitura del frumento e sono pulitissimi a fine febbraio

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