Roberto Bartolini17 Aprile 20244min12390

Le teorie di Carlo Petrini portano solo fame e miseria

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Nessuno nega che Carlo Petrini abbia il grande merito di avere valorizzato le produzioni agricole e agroalimentari di nicchia, grazie a Slow Food e altre iniziative collaterali. Ma quando si mette a guerreggiare contro la “lobby dell’agricoltura convenzionale che gestisce la terra come un processo industriale”, Carlin diventa davvero insopportabile.

Sono anni che, dalle pagine di Repubblica, Petrini si scaglia contro coloro che ci sfamano (li chiama “agricoltori convenzionali”) e difende a spada tratta sistemi di produzione come il biologico o il biodinamico, che pur avendo pieno diritto di esistenza, ci riporterebbero ai tempi bui della fame e della miseria, se li seguissimo in maniera esclusiva. Dunque, per favore, che il fondatore di Slow Food non ne faccia una guerra di religione e soprattutto che non scriva tante inesattezze, considerato che il pubblico di lettori è ben poco informato sulla nostra agricoltura.

Una sequela di affermazioni inesatte

In un recente articolo intitolato “Agricoltura, così l’Europa tradisce l’ambiente”, pubblicato su Repubblica, Petrini sostiene che l’agricoltura ostaggio delle multinazionali dei semi e della chimica è tra i settori più climalteranti del pianeta, come se industrie, trasporti, sistemi di condizionamento e via dicendo avessero minori responsabilità. Inoltre, il fondatore di Slow Food sostiene che l’agricoltura convenzionale, quindi inquinante, benefici della maggior parte dei sussidi agricoli europei, che invece dovrebbero andare all’agricoltura biologica.

Petrini non conosce la Pac 2023-2027

Evidentemente Petrini non conosce la Politica agricola comunitaria (Pac) 2023-2027, che ha indirizzato la maggior parte delle risorse a un’agricoltura sostenibile che metta in campo percorsi agronomici e tecnologie capaci di salvaguardare il terreno agricolo, limitare le emissioni in atmosfera e razionalizzare l’uso dell’acqua per l’irrigazione. Inoltre, la Pac 2023-2027 ha aumentato notevolmente i contributi a superficie per gli agricoltori biologici.

Nel suo articolo, Petrini boccia sonoramente le ultime decisioni dell’Ue, come il blocco della legge sul ripristino della natura e la soppressione del divieto di coltivare sul 4% della superficie a seminativi: provvedimenti che, a sua detta, non avrebbero fatto altro che aggravare la mancanza di terra buona da coltivare. Ma il fondatore di Slow Food si supera quando afferma che per sfamare più persone non serve aumentare la produzione agricola, bensì bisogna agire sulla riduzione degli sprechi e sull’accessibilità al cibo.

Finché non ci si sarà qualcuno, nella redazione di Repubblica, in grado di capire l’infondatezza di certe affermazioni, purtroppo Petrini continuerà a deliziarsi con il suo teorema del piccolo contadino medioevale.

Roberto Bartolini

Laureato in agraria all'Università di Bologna, giornalista professionista dal 1987, ha lavorato per 35 anni nel Gruppo Edagricole di Bologna, passando dal ruolo di redattore a quello direttore editoriale. Per oltre 15 anni è stato direttore responsabile del settimanale Terra e Vita. Oggi svolge attività di consulenza editoriale e agronomica, occupandosi di seminativi e di innovazione tecnologica.


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