Pac, come si può inserire l’agromeccanico tra le attività agricole

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«Gli agromeccanici non devono essere sopportati, bensì supportati. Svolgiamo un ruolo chiave per l’agricoltura innovativa e di qualità, quindi è ora che la nostra categoria sia riconosciuta come parte del mondo agricolo». Gianni della Bernardina, presidente della Confederazione agromeccanici italiani (Cai), nel corso dell’annuale CT Day che si è svolto presso Bonifiche Ferraresi a Jolanda di Savoia (Ferrara) con queste parole ha ribadito la pressante richiesta rivolta da tempo al governo (che oggi è supportata con convinzione anche da Coldiretti, mentre le altre organizzazioni agricole che rimangono ancora alla finestra). Dunque l’agromeccanico ribadisce che vuole essere equiparato all’agricoltore e quindi poter utilizzare anche gli strumenti della Pac, e in particolare alcune misure dei Psr, quali per esempio la misura 4 che prevede importanti sostegni per l’acquisto di beni strumentali, attrezzature, macchine, tecnologie informatiche e digitali, eccetera.

Quali beni pubblici produce l’agromeccanico

Nel corso del dibattito al CT Day, il presidente di Ismea Angelo Frascarelli ha ricordato come la nuova Pac 2023-2027 conceda sostegni agli agricoltori in cambio di nuovi importanti impegni sul fronte ambientale e della sostenibilità, oltre che della produzione di cibo, che sono tutti beni pubblici. In definitiva gli agricoltori, sostiene Frascarelli, ottengono soldi pubblici in cambio di servizi pubblici, cioè di utilità pubbliche che garantiscono ai cittadini.

E l’agromeccanico quali beni pubblici produce per chiedere in cambio sostegni pubblici? L’innovazione tecnologica che l’agromeccanico porta in azienda è un bene pubblico? Secondo noi sì, ma solo se l’innovazione è inserita nell’ambito di un nuovo progetto agronomico globale che permette all’azienda agricola cliente di poter erogare, attraverso l’opera dell’agromeccanico, i cosiddetti “servizi agrosistemici”, che sono protagonisti al centro della nuova politica agricola.

Per servizi agrosistemici si intende per esempio adottare le lavorazioni conservative, le colture di copertura e un ampio avvicendamento colturale per ridurre l’erosione sei suoli, aumentare la sostanza organica e la fertilità dei terreni, sequestrare notevoli quantità di gas serra. Ma anche portare nelle aziende agricole i sistemi digitali e di precisione che consentono forti riduzioni dei consumi di gasolio e l’uso razionale e senza sprechi della chimica e degli altri mezzi tecnici.

Gli agromeccanici producono beni pubblici anche quando mettono in campo progetti di innovazione e di filiera a beneficio dei loro clienti e contribuiscono ad aumentare la produzione di materie prime diversificate per destinazione d’uso, al 100% italiane e di alta qualità, destinate all’industria di trasformazione.

L’agromeccanico deve allargare le sue competenze

Dunque, a nostro avviso, solo se gli agromeccanici si trasformano in veri e propri consulenti professionali e innovativi delle aziende agricole loro clienti, riteniamo possano aspirare legittimamente a far parte del mondo agricolo con tutti i vantaggi del caso. L’agricoltura italiana per la dimensione ridotta delle aziende agricole, nel momento in cui deve mettere in campo forti investimenti in tecnologie e in percorsi agronomici innovativi, ha necessità assoluta di poter contare sugli agromeccanici. Ma su agromeccanici molto diversi da quelli che purtroppo in gran parte ancora solcano le nostre campagne, avendo come unico obiettivo quello di praticare i prezzi più bassi rispetto al concorrente.

Roberto Bartolini

Laureato in agraria all'Università di Bologna, giornalista professionista dal 1987, ha lavorato per 35 anni nel Gruppo Edagricole di Bologna, passando dal ruolo di redattore a quello direttore editoriale. Per oltre 15 anni è stato direttore responsabile del settimanale Terra e Vita. Oggi svolge attività di consulenza editoriale e agronomica, occupandosi di seminativi e di innovazione tecnologica.


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