Aratura e sodo a confronto per 8 anni: come cambiano qualità e vitalità del terreno

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La semina su sodo, in confronto alla tradizionale aratura, migliora lo stato di salute generale del terreno e la sua fertilità, anche se a volte nei primi anni di transizione tra il vecchio sistema e il nuovo, le rese produttive unitarie possono diminuire. Questa è l’estrema sintesi dei risultati finali di ben otto anni (2011-2018) di prove di pieno campo effettuate da VenetoAgricoltura in collaborazione con l’Università di Padova, in tre aziende sperimentali della Regione Veneto (Vallevecchia, Diana e Sasserami) su frumento, mais, colza e soia.

Informazioni poco conosciute dagli agricoltori

In questo primo articolo riportiamo i dati relativi alla “Qualità biologica del suolo” (QBS), un dato pressoché sconosciuto a tecnici e agricoltori, ma molto importante perché insieme alla presenza dei lombrichi e degli altri microrganismi, determina il vero stato di salute del terreno che mettiamo a coltura, cioè la sua forza propulsiva per spingere le produzioni. La discussione sulle opportunità e sui benefici che portano all’adozione della semina su sodo e delle minime lavorazioni al posto dell’aratura deve infatti basarsi su dati scientifici incontrovertibili come questi, oltre che sulle esperienze dirette degli agricoltori che la già le praticano. Al di là delle sensazioni “a pelle” e delle preclusioni a “prescindere”, contano i numeri e sui numeri occorre basare le future strategie agronomiche dell’azienda agricola.

Cos’è la biodiversità del suolo e quali vantaggi porta

Si parla tanto di biodiversità, ma occorre spiegare che cos’è e quali vantaggi concreti porta all’agricoltore. La biodiversità si identifica in questo caso con la fauna del suolo, detta mesofauna, cioè miliardi di piccoli esseri viventi che costituiscono una delle più importanti componenti per il buon funzionamento del suolo: agiscono sulle caratteristiche fisico-chimiche e biologiche del terreno con azioni sinergiche molto complesse. Questi organismi di ridottissime dimensioni si muovono nei micro e macropori del terreno, liberando secrezioni e mucose cutanee che favoriscono una sorta di cementazione delle particelle minerali, aumentandone la stabilità e la strutturazione e rendendole anche meno vulnerabili all’erosione.

Al centro dell’immagine i microrganismi che costituiscono la mesofauna del suolo. A sinistra i protozoi, che sono microfauna, mentre a destra sono indicati organismi di maggiori dimensioni sempre presenti nel suolo (la macrofauna), come per esempio i lombrichi.

Inoltre le secrezioni, le deiezioni e i corpi stessi di questi organismi viventi apportano nutrienti utili alle piante come potassio, fosforo e azoto, riducendo il rapporto C/N, che vuol dire facilitare la decomposizione dei residui colturali.

L’attività di questa fantastica comunità al servizio dell’agricoltore favorisce anche l’aumento degli spazi nel suolo, la microporosità, e quindi incrementa a sua volta dell’attività dei batteri aerobi e la velocità di demolizione della sostanza organica. Inoltre lo spostamento meccanico delle particelle di terreno da parte dei microrganismi che vivono al suo interno ha effetti positivi sulla ritenzione idrica, sui processi di percolazione e sullo sviluppo della rizosfera, cioè del mondo che vive attorno alle radici.

Dunque la biodiversità dei sistemi agricoli risiede soprattutto nel terreno e le interazioni all’interno della catena alimentare tra i vari organismi hanno effetti notevoli sulla qualità delle produzioni agricole ma anche sull’incidenza di malattie e attacchi parassitari. La fauna del suolo è molto sensibile alle alterazioni di origine naturale o provocate dall’uomo con le lavorazioni, quindi è opportuno misurare come sodo e aratura possono incidere sulla sua vitalità e questo è stato fatto dalla sperimentazione veneta.

L’indice della qualità biologica del suolo

Il QBS è un indice sintetico di qualità biologica del suolo che ci permette di valutare l’impatto delle diverse tecniche di gestione del suolo sulla presenza e sulla vitalità della mesofauna dei terreni agricoli. Nelle sperimentazioni effettuate in Veneto si è visto che applicando alle varie colture la semina su sodo, i valori QBS sono risultati sempre più alti rispetto a quelli relativi ai terreni arati e i vari gruppi di microrganismi hanno dimostrato risposte molto più positive in assenza delle lavorazioni e in presenza della copertura permanente del suolo attraverso le cover crops.

Quindi il sodo risulta una tecnica meno impattante sulla comunità dei microrganismi rispetto alla tradizionale aratura e la fertilità globale dei suoli gestiti con il sodo, già alla fine del secondo anno, ha valori più elevati rispetto ai terreni sottoposti ad aratura.

Andamento medio nelle aziende dimostrative venete ove si sono effettuate le prove dell’indice di Qualità biologica dei suoli (QBS) negli anni 2014 e 2016 confrontando il sodo (CONS) con l’aratura (CONV).

Il ruolo fondamentale dei lombrichi

I lombrichi sono noti per la positiva influenza che esercitano sull’evoluzione della sostanza organica e sulla struttura dei suoli e hanno un ruolo centrale nel funzionamento ecologico degli agrosistemi, scavando gallerie che permettono la rapida circolazione dell’acqua, assicurano l’aereazione in condizioni di forte piovosità e sono la via preferenziale per l’espansione delle radici.

La quantità di lombrichi in un terreno agrario dipende dalla quantità di nutrimento disponibile in termini di sostanza organica e di microrganismi, che a loro volta dipendono dalla quantità e qualità dei residui colturali, dalla presenza o meno di cover crops e dal tipo di lavorazione. Per esempio gli attinomiceti, organismi decisivi per la decomposizione della sostanza organica e nella sintesi dell’humus, aumentano di 6-7 volte se ci sono i lombrichi nel terreno e lo stesso vale per i funghi micorrizici, che giocano un ruolo centrale nel rendere disponibile per le radici il fosforo, che altrimenti è immobilizzato nel suolo. I micorganismi inoltre producono ormoni di crescita e composti che stimolano lo sviluppo delle radici, migliorando la struttura, l’aereazione e la capacità di infiltrazione e di ritenzione idrica.

Densità di lombrichi (espressi in numero per zolla con lato di 25 cm) su terreno a sodo (CONS) e su terreno arato (CONV). Come si nota, su sodo il numero di lombrichi si triplica.

Come si vede dal grafico, i lombrichi presentano una densità superiore di ben tre volte nei terreni gestiti con la semina su sodo rispetto al terreno arato.

Vincoliamo i premi Pac alla vitalità del suolo coltivato

Da questi dati emerge in maniera molto chiara come l’adozione del sodo migliora negli anni la vita del terreno, ed è una conseguenza più che logica poiché l’infinità di microrganismi presenti tra le zolle vengono disturbati molto meno rispetto ai suoli dove si effettuano ogni anno aratura e successivi affinamenti con erpici rotanti, operazioni che finiscono per sterilizzare il terreno.

Sappiamo bene che il sodo è il sistema di preparazione del letto di semina più difficile e complicato da mettere in campo, ma possiamo sbilanciarci nell’affermare che anche minima lavorazione e strip-till riescono negli anni a raggiungere analoghi effetti sulla mesofauna e sui lombrichi, salvaguardandone la presenza e la vitalità.

Con l’aratura e successivi affinamenti si avrà sì un letto di semina che sembra un tavolo da biliardo, ed è questo che desidera vedere l’agricoltore tradizionalista, ma quel terreno, se lo metta bene in testa, è privo di vita.

Davanti ai risultati di questa ricerca, pensiamo che si potrebbe vincolare l’erogazione della futura Pac alla vitalità dei terreni coltivati. I terreni coltivati sono ambiente, vita e cibo, quindi sono anche di noi consumatori e abbiamo il diritto di pretendere che chi li coltiva, li mantenga nel migliore stato possibile. Che ve ne pare?

Roberto Bartolini

Laureato in agraria all'Università di Bologna, giornalista professionista dal 1987, ha lavorato per 35 anni nel Gruppo Edagricole di Bologna, passando dal ruolo di redattore a quello direttore editoriale. Per oltre 15 anni è stato direttore responsabile del settimanale Terra e Vita. Oggi svolge attività di consulenza editoriale e agronomica, occupandosi di seminativi e di innovazione tecnologica.


2 commenti

  • Luca

    15 Giugno 2020 at 9:13 pm

    Salve, tutta questa storia del sodo è molto interessante e indubbiamente vantaggiosa, come già ampiamente descritto nei suoi articoli. A me sorge una domanda però: Questa tecnica è applicabile in altre colture, per esempio la patata, ottenendo i medesimi risultati? Prendo come esempio la patata perché ancora ad oggi è impossibile da coltivare senza aratro, erpice rotante, fresa o interratrice…. e da un po’ che cerco soluzioni ma ho notato che l’apportare modifiche alle piantatrici, rincalzatrici ed eventualmente alla scavapatate risulterebbe laborioso e costoso… A questo punto l’unica soluzione a parer mio sembrerebbe essere l’ecoaratura, ovvero l’aratura che facevano i nostri nonni, 15 -20 cm max. Secondo lei è fattibile inserire questa operazione in un ciclo colturale eseguito secondo tecniche di agricoltura conservativa?

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    • Roberto Bartolini

      17 Giugno 2020 at 12:26 pm

      Gentile Luca, non ho esperienze dirette sulla patata, ma ritengo che non si possa applicare il sodo a questa coltura. Invece la minima lavorazione credo di sì, come dice bene lei, con arature leggere.
      Il sodo è una tecnica che va applicata con prudenza e dopo che il terreno, soprattutto se è forte, ha potuto godere di almeno tre anni di medica che ha creato una certa struttura al suolo.
      Concludendo, se lei applica un’aratura leggera sulla patata e fa minima con erpici a dischi e/o ad ancore ben costruiti, ecco che lei può dire di applicare in gran parte lavorazioni conservative.

      Rispondi

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