Frumento duro, è sempre più alta la redditività per chi fa i contratti

frumento-contratto-coltivazione

Da anni insistiamo sul fatto che i cerealicoltori che coltivano frumento hanno la convenienza a stipulare i tanto discussi contratti di coltivazione. Questa convinzione è frutto dei risultati economici rilevati nelle aziende che da più anni sottoscrivono contratti, e ora anche una indagine di Ismea nell’ambito dei “Piani di settore” offre ulteriori e confortanti conferme.

Come sempre occorre valutare i numeri e solo dopo averlo fatto si possono trarre le conclusioni. Invece, purtroppo spesso gli agricoltori partono da preconcetti non supportati dai dati e così finiscono per fare scelte errate.

Il sistema di rilevamento e gli obiettivi

I dati di Ismea che presentiamo sono di estremo interesse per il metodo di rilevazione che è stato scelto. Costi di produzione e ricavi sono suddivisi infatti per areali produttivi rilevanti e, nell’ambito di questi, sono state individuate tipologie aziendali che rappresentassero solidamente le realtà produttive agricole. Sono state dunque individuate aziende reali che rispondessero ai canoni di rappresentatività individuati e su queste si è realizzata l’analisi dei costi e dei ricavi.

Con riferimento al frumento duro, specifica attenzione è stata anche dedicata al confronto delle performance tra aziende analoghe che differissero però per modalità di vendita della granella. Uno degli obiettivi era infatti quello di verificare se i contratti di coltivazione potessero essere considerati uno strumento utile per accrescere l’efficienza della distribuzione del valore lungo la filiera.

Come variano rese e prezzi nelle diverse zone

La resa va da un minimo di 3,0 t/ha a Matera a un massimo di 8,5 t/ha a Bologna, con una differenza di oltre il 180% tra il valore più basso e quello più elevato.

I prezzi senza contratto di coltivazione sono abbastanza incostanti nei diversi areali e si attestano intorno a una media di 199 euro/t nel 2016 e di 216 euro/t nel 2017, probabilmente anche a seguito del differenziale qualitativo del prodotto. Anche i prezzi con contratto di coltivazione sono molto variabili e vanno da un minimo di 220 euro/t a Matera a un massimo di 293 euro/t a Bologna.

Il dato molto significativo è che il prezzo del frumento duro sotto contratto di coltivazione è in media del 16% più elevato di quello rilevato sul mercato normale, con oscillazioni nei singoli casi di studio comprese tra il 15% e 27%.

Come variano i ricavi con e senza contratto

I ricavi da produzione principale (esclusi cioè i contributi e la produzione secondaria) vanno da un minimo di 660 euro/ha a Matera a un massimo di 1.955 euro/ha a Bologna. Nel caso dei contratti di coltivazione, i ricavi oscillano tra 880 euro/ha a Matera per arrivare a sfiorare 2.400 euro/ha nel bolognese; in entrambi i casi si osserva che il massimo livello rilevato sfiora il triplo del minimo.

Come variano i costi variabili e fissi

I costi variabili variano da un minimo di 434 euro/ha a Matera a poco più di 1.000 euro/ha in un’azienda del senese; in presenza di contratti di coltivazione, invece, essi oscillano tra 643 euro/ha a Matera e i 1.000 euro/ha a Grosseto.

Anche i costi variabili oscillano significativamente in ragione della differente organizzazione aziendale: chi ricorre al contoterzismo per esempio ha elevati costi variabili e minori costi fissi, essendo aziende poco strutturate senza parco macchine.

I costi fissi evidenziano variazioni ancora più significative tra le aziende oggetto dell’indagine e variano da un minimo di 17 e 20 euro/ha rispettivamente a Enna e Foggia, con utilizzo di contoterzisti, a un massimo di 740 euro/ha a Siena. Analogo livello di costo si registra per le aziende con contratto di coltivazione in Sicilia e Puglia, mentre il costo più elevato, pari a 480 euro/ha, si registra per un’azienda di Grosseto.

Dai dati si evince che l’organizzazione aziendale influisce notevolmente sui costi fissi fino quasi ad annullarli nel caso in cui l’operatività si sposti sui contoterzisti.

Come cambia il reddito operativo

Il reddito operativo (esclusi i contributi) va da un minimo di segno negativo di -270 euro/ha a Siena senza contratto di coltivazione, a un massimo di 1.600 euro/ha a Bologna con contratto di coltivazione che ha fatto registrare elevati livelli delle rese per ettaro e del prezzo della granella.

Perché in centro Italia si registrano i risultati peggiori

I risultati economici peggiori si registrano nel centro Italia (Toscana e Marche), a causa di alti costi sia variabili sia fissi. Le aziende del centro Italia, infatti, sono strutturate con meccanizzazione e manodopera proprie ed è proprio questo un elemento che, se non associato a elevate performance di resa e di qualità, oltre che di capacità di valorizzazione di queste, può costituire un elemento di debolezza che genera una bassa redditività (addirittura negativa nel caso delle aziende senza contratto di coltivazione). Invece le aziende destrutturate, con esternalizzazione delle operazioni colturali (contoterzisti) come Puglia e Sicilia, registrano risultati migliori nonostante rese inferiori.

Vince chi stipula il contratto di coltivazione

È evidente come la stipula di un contratto di coltivazione comporti mediamente elevati benefici, sia per la certezza della vendita sia per la premialità, cui deve però corrispondere il raggiungimento di parametri qualitativi più elevati definiti in via preliminare. Le aziende più efficienti sono quelle più propense alla stipula di contratti di coltivazione; per esempio il reddito operativo, sia complessivo sia senza considerare i contributi, dell’azienda del bolognese che ha stipulato un contratto, risulta più elevato rispettivamente del 63% e 56% rispetto a quella dello stesso areale che commercializza senza contratto.

I fattori competitivi più importanti

I fattori competitivi del frumento duro sono quindi il raggiungimento di parametri qualitativi premianti, il controllo dei costi (soprattutto di quelli fissi) e il contratto di coltivazione. Le aziende eccessivamente strutturate e senza contratto di coltivazione non sono competitive. Queste sono le conclusioni che si leggono alla fine dell’indagine.

Roberto Bartolini

Laureato in agraria all'Università di Bologna, giornalista professionista dal 1987, ha lavorato per 35 anni nel Gruppo Edagricole di Bologna, passando dal ruolo di redattore a quello direttore editoriale. Per oltre 15 anni è stato direttore responsabile del settimanale Terra e Vita. Oggi svolge attività di consulenza editoriale e agronomica, occupandosi di seminativi e di innovazione tecnologica.


Lascia un commento

Il tuo indirizzo mail non sarà pubblicato I campi obbligatori sono contrassegnati


Chi siamo

Nato nel 2014, Il Nuovo Agricoltore è un portale informativo dedicato all’agricoltura, con un occhio di riguardo alle innovazioni tecnologiche. Il progetto è sviluppato da Kverneland Group Italia.


CONTATTACI