La semina su sodo aumenta il reddito di cereali a paglia e leguminose
Un’ulteriore conferma della validità della cosiddetta “intensificazione sostenibile” (= produzione + sostenibilità) viene dai numeri prodotti da una ricerca effettuata dall’équipe di Angelo Frascarelli dell’Università di Perugia e riportata su Terra e Vita. Sono stati esaminati tre casi aziendali per verificare, conti alla mano, come varia la redditività di grano tenero, duro, lenticchie e pisello proteico passando dalle lavorazioni tradizionali alla semina su sodo.
Questi i tre casi aziendali presi in esame:
- Azienda A (Umbria): 380 ettari, dei quali 15 a grano tenero e 40 a erbaio misto.
- Azienda B (Marche): 180 ettari, dei quali 79 a grano duro e 3 a pisello proteico.
- Azienda C (Puglia): 124 ettari, dei quali 27 a grano tenero e 40 a lenticchia.
Per le tre aziende il pagamento agroambientale è il seguente:
- Azienda A: 120 euro/ha;
- Azienda B: 0;
- Azienda C: 322 euro/ha.
Le variazioni sui cereali
La semina su sodo, rispetto ad aratura ed erpicature, genera una drastica riduzione dei costi per il minor consumo di gasolio, il minor costo della manodopera e della manutenzione delle macchine. L’azienda A con la semina su sodo risparmia sui costi 268 euro/ha, l’azienda B risparmia 216 euro/ha e l’azienda C risparmia 117 euro/ha.
Il reddito delle tre aziende sui cereali, con la semina su sodo, è sempre superiore rispetto alla tecnica tradizionale. L’azienda A con il sodo ha un reddito superiore di 270 euro/ha, l’azienda B di 220 euro/ha e l’azienda C di 120 euro/ha.
Le variazioni sulle leguminose
Per quanto riguarda le leguminose, i ricavi non cambiano con le due tecniche a confronto, ma cambiano considerevolmente i costi di produzione. Se prendiamo come esempio i costi variabili, l’azienda A con il sodo risparmia 242 euro/ha, l’azienda B risparmia 228 euro/ha e l’azienda C risparmia 96 euro/ha.
In conseguenza ai minori costi, il reddito lordo con la semina su sodo è maggiore rispetto alle lavorazioni tradizionali, con le seguenti maggiorazioni: per l’azienda A +245 euro/ha, per l’azienda B +230 euro/ha per l’azienda C +100 euro/ha.
Le conclusioni dell’analisi sulle tre aziende
Tra i due sistemi di coltivazione, tradizionale e sodo, le rese rimangono invariate e questo è già un dato di fatto che mette a tacere le molte illazioni che spesso si fanno su diminuzione di resa. Inoltre la redditività aziendale è maggiore con il sodo, perché i costi diminuiscono in maniera molto sensibile. Ma l’agricoltore per rendersene conto deve fare i conti!
Poi dobbiamo considerare i vantaggi ambientali riconducibili al sodo, come i minori consumi di gasolio e quindi le minori emissioni, la riduzione dell’erosione idrica ed eolica grazie alla copertura del suolo con i residui vegetali, l’incremento progressivo della sostanza organica, eccetera.
Le tre regole d’oro della semina su sodo
- Evitare i compattamenti del terreno soprattutto nelle fasi di raccolta, dotando i mezzi di gommature di larga sezione e bassa pressione ed evitando di entrare in campo con terreni bagnati.
- Mantenere una copertura vegetale del suolo per dodici mesi l’anno anche con cover crops e residui colturali.
- Favorire rotazione e consociazione colturale per mantenere il suolo in buona salute.
È evidente che, soprattutto con i prezzi attuali dei cereali a paglia, sia obbligatorio abbandonare le costose lavorazioni tradizionali affidandosi al sodo o alla minima lavorazione, pena l’impossibilità di ricavare anche un minimo reddito dalle colture.