Semina su sodo: meno gasolio, più carbonio organico e terreno sano

In un precedente articolo abbiamo sintetizzato i risultati positivi sulla vitalità e fertilità del terreno a seguito dell’adozione della semina su sodo al posto dell’aratura negli otto anni di sperimentazione su tre aziende venete effettuata da VenetoAgricoltura in collaborazione con l’Università di Padova. Ma ci sono altri dati che confermano l’opportunità di continuare a incitare gli agricoltori ad adottare le lavorazioni conservative.
Spese per il gasolio
Con la semina su sodo, ma anche con la minima lavorazione e lo strip-till rispetto alla lavorazione tradizionale, si riducono di almeno un terzo i passaggi delle attrezzature sul terreno e diminuisce parimenti il tempo-macchina. Inoltre sul terreno sodo lo sforzo di trazione del trattore è inferiore perché le gommature affondano meno rispetto a un suolo arato. Tutto questo comporta riduzioni di spesa per il gasolio, che nelle numerose prove pluriennali nelle tre aziende dimostrative venete oscillano a seconda delle condizioni colturali dal 22 al 55%.

Se poi al sodo o alla minima lavorazione si abbinano la semina e la concimazione a dose variabile, si ottiene una ulteriore riduzione dell’11%.
Contenuto di carbonio
Il carbonio organico del suolo costituisce il 58% della sostanza organica ed è uno dei principali indicatori della qualità e della fertilità del suolo.

I dati dell’attività sperimentale indicano che il sodo ha incrementato mediamente lo stock di carbonio organico nel suolo di circa 0,14-0,57 t/ha all’anno dei primi 30 cm di terreno. Tutto questo grazie al minimo disturbo arrecato al suolo e ai suoi aggregati e alla presenza dei residui colturali e alla rotazione tra frumento, mais, soia e colza.

Insomma, il sodo aumenta la qualità della sostanza organica, incrementando il contenuto di humus e l’attività della biomassa microbica del suolo.
Emissioni gas serra
Le emissioni di gas serra sono una delle emergenze che dobbiamo imparare a considerare e l’agricoltura può fare la sua piccola parte. Con le lavorazioni conservative al posto dell’aratura, si è visto che in otto anni si riesce a limitare le emissioni di gas serra di almeno -116 kg/ha/anno. Inoltre si è notata una maggiore capacità di sequestrare il carbonio organico pari a 300 kg C-Co2/ha contro 165 kg delle lavorazioni tradizionali.

Acqua nel suolo
La protezione esercitata dai residui vegetali e il maggiore contenuto di carbonio organico accrescono la stabilità degli aggregati, incrementando la quota di acqua disponibile per le colture anche grazie alla minore evaporazione.
Sviluppo degli apparati radicali
L’applicazione del sodo nei terreni delle tre aziende venete ha favorito lo sviluppo degli apparati radicali nei primi 10 cm di suolo, in particolare per mais e soia, con incrementi anche del 100% della densità radicale.

Qualità dell’acqua e lisciviazione del terreno
Il sodo influenza in maniera molto sensibile i cicli dell’azoto e del fosforo, con importanti ricadute sul trasporto dei due nutrienti e sui loro deflussi nel suolo. I dati delle analisi della sperimentazione veneta indicano che la percolazione e la concentrazione di azoto nitrico è risultata inferiore a 5 mg/litro di acqua nei terreni a sodo, mentre è risultata maggiore di 20 mg/litro in presenza di aratura e nel 2017 ha raggiunto addirittura 80 mg/litro di acqua.
L’abbattimento della lisciviazione di azoto in falda è stata pari al 95% nei terreni gestito son il sodo. Per quanto riguarda le perdite di particelle di terreno, la lisciviazione media annua di terra è risultata pari a 3,5 kg/ha nel sodo contro 58 kg/ha nel terreno arato.
Conserviamo bene la terra
In conclusione, gli otto anni di sperimentazione in pieno campo e in differenti condizioni pedoclimatiche confermano che le lavorazioni conservative migliorano da ogni punto di vista la qualità dei terreni coltivati, garantendo nel tempo il mantenimento in salute della risorsa naturale più importante che abbiamo avuto in eredità, per la vita dell’uomo e degli animali sulla terra.