Il segreto dello strip-till a regola d’arte è la baulatura della striscia lavorata

strip-till

Se digitate “baulatura del terreno” su Google, esce questa definizione: «Profilo convesso del terreno con pendenze dell’1-2 per mille». È esattamente come deve risultare il terreno dopo il passaggio dello strip-till come illustrato nelle foto che seguono.

Ecco come deve risultare il terreno dopo il passaggio dello strip-till. Come vedete, la striscia di terreno lavorata si presenta “baulata”, cioè convessa e più alta rispetto alle strisce non lavorate.
Particolare della striscia lavorata e baulata. Grazie a questa conformazione, il terreno a strip-till si riscalda più velocemente e si mette al riparo da qualsiasi ristagno idrico.
Anche in presenza di elevate quantità di residui colturali ingombranti come quelli del mais, un attrezzo come il Kultistrip di Kverneland, ben regolato, effettua a regola d’arte la lavorazione del terreno che ospiterà i semi.

Quando non funziona lo strip-till

Chi pratica lo strip-till e si lamenta degli insuccessi, 99 volte su 100 ha regolato male gli organi di lavoro e quindi le strisce di terreno lavorato (alternate a quelle non lavorate e coperte dai residui colturali) non risultano baulate come abbiamo indicato nelle foto sopra, bensì concave e più basse rispetto a quelle vicine, con tutte le conseguenze nefaste del caso a fine inverno.

Sulle bande di terreno lavorato e baulate, se lo strip-till viene effettuato in autunno come è consigliabile, gli agenti climatici invernali eserciteranno il loro effetto meccanico sulle zolle grossolane, lasciando un letto già pronto per le semine primaverili.

Regolare l’attrezzatura con molta cura, facendo delle prove

Detto questo, va rimarcata la relativa complessità dell’attrezzatura che esegue lo stip-till, composta da più organi di lavoro e di sistemazione del suolo, che pertanto debbono essere regolati bene per poter effettuare la baulatura come si deve. Quindi prima di entrare in campo bisogna impiegare un po’ di tempo per fare delle prove di lavorazione e assicurarsi che, in relazione alle caratteristiche e allo stato del terreno che si deve lavorare, gli organi di lavoro siano alla giusta altezza e inclinazione.

Com’è fatto il Kverneland Kultistrip

Il Kultistrip è costituito da cinque organi di lavoro e può distribuire in contemporanea alla lavorazione, fertilizzanti, digestati e liquami.
Le cinque fasi di lavoro del Kultistrip
Particolare dell’ancora (che può avere varie forme, come si vede nelle immagini successive) posta tra i dischi di contenimento. A questo attrezzo si deve la fessurazione verticale del suolo, cioè la lavorazione principale a diverse profondità.
A seconda della tipologia di terreno sul quale si opera, è importantissimo equipaggiare il Kultistrip con l’ancora giusta, dal momento che ognuna, come si vede dall’immagine, si adatta a un determinato tipo di suolo.
L’ultima parte del Kultistrip è costituita da rulli o ruote per la rifinitura del letto di semina. Anche questa scelta è decisiva per il buon esito dell’operazione.
Tutte le regolazioni necessarie vengono effettuate con semplicità e velocità, manualmente. Occorre solo avere un po’ di pazienza nelle prime fasi, per imparare quando ancora non si conosce bene l’attrezzatura.
Le tre versioni del Kverneland Kultistrip.
Le due versioni del Kultistrip portate pieghevoli.

Roberto Bartolini

Laureato in agraria all'Università di Bologna, giornalista professionista dal 1987, ha lavorato per 35 anni nel Gruppo Edagricole di Bologna, passando dal ruolo di redattore a quello direttore editoriale. Per oltre 15 anni è stato direttore responsabile del settimanale Terra e Vita. Oggi svolge attività di consulenza editoriale e agronomica, occupandosi di seminativi e di innovazione tecnologica.


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Nato nel 2014, Il Nuovo Agricoltore è un portale informativo dedicato all’agricoltura, con un occhio di riguardo alle innovazioni tecnologiche. Il progetto è sviluppato da Kverneland Group Italia.


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