Mais: con la semina a dose variabile si producono 13 quintali/ettaro in più

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124,26 contro 111,20 quintali all’ettaro di granella al 14% di umidità: questo il verdetto della trebbiatura del mais Dekalb DKC 5530 nell’azienda Pavan di Buttrio (Udine), in Friuli, che ha ospitato i campi sperimentali dedicati all’applicazione della minima lavorazione e dell’agricoltura di precisione su mais e soia realizzati dalla collaborazione di Kverneland Group Italia e il suo concessionario di zona Dino Durì dell’Agriservice di Talmassons con Dekalb e Sipcam Italia.

Un momento dell’incontro organizzato con gli agricoltori presso l’azienda Pavan di Buttrio.
Sandro Battini, direttore commerciale di Kverneland Group Italia, illustra le caratteristiche dell’erpice Qualidisc utilizzato in azienda.
L’ibrido DKC 5530 di Dekalb si presta a essere seminato a dose variabile. Infatti a tre diverse densità di semina (7 – 8,5 – 10 piante/mq) la dimensione della spiga non ne risente più di tanto. Certamente 10 spighe uguali a quelle a destra producono di più rispetto a 7 delle dimensioni di quelle a sinistra: 13 quintali a ettaro, rispetto alla semina a dose fissa secondo quanto consigliato dal catalogo, a favore della semina a dose variabile sulla base della mappa di produzione dell’anno 2017 e 11 quintali a ettaro, sempre a favore della semina a dose variabile, sulla base della mappatura del suolo effettuata nell’inverno 2017-2018.

Mappa del suolo e mappa di raccolta sono la base indispensabile

Indispensabile base di partenza per effettuare le mappe di prescrizione per il rateo variabile, sia della semina sia della concimazione, si confermano sia le mappe di raccolta sia le mappe del suolo, che indicano le aree degli appezzamenti dove conviene aumentare le dosi di mezzi tecnici e quelle dove invece si possono diminuire o limitare.

A sinistra la mappa di prescrizione per la densità di semina a dose variabile; a destra la mappa di produzione dello stesso appezzamento. I colori indicano i diversi livelli nella dose di seme a sinistra e di produzione all’ettaro nella mappa di destra.

La variabilità del suolo diventa un punto di forza

La variabilità del suolo diventa così l’elemento chiave per decidere come comportarsi e quindi per portare a casa circa 150 euro/ha all’ettaro in più rispetto alla semina tradizionale a dose fissa, una volta che si sono sottratte anche le spese per il maggior impiego di seme ove occorre spingere sull’acceleratore.

Dall’analisi delle mappe di raccolta di Pavan si vede che da un punto all’altro di un appezzamento, anche di piccole dimensioni, la produzione punto per punto può variare da 60 a 160 quintali per ettaro.

Come si nota dall’immagine, ecco come la diversità di suolo, anche a pochi metri di distanza, determina un diverso stato vegetativo del mais.

Pavan: «Le mie medie produttive sono le più elevate del territorio»

«Anche quest’anno – afferma il titolare dell’azienda Daniele Pavan – sto avendo molte soddisfazioni: con l’applicazione della minima lavorazione unita all’agricoltura di precisione sono riuscito a ottenere in tutte le aziende ove opero risultati produttivi nettamente superiori a quelli degli altri agricoltori della zona, le cui medie produttive per il mais 2018 oscillano da 80 a 100 quintali all’ettaro di granella secca, contro i miei 120-125 ql/ha. Se si vanno a fare i conti alla fine la differenza è davvero sostanziale per il portafogli, senza considerare tutti gli altri risparmi che si sono ottenuti grazie alle lavorazioni conservative del suolo e all’eliminazione delle sovrapposizioni di seme, concime e diserbo».

Anche per la soia, varietà EM Sole ad alto contenuto proteico di Sipcam Italia, si è scelto di testare due differenti dosi di semina. A fine mese avremo il verdetto della trebbiatura.

Daniele Pavan all’interno del campo di mais che ha subìto, all’inizio dell’estate, una fortissima grandinata che ha compromesso una parte dell’apparato fogliare. Ma nonostante questo le produzioni 2018 sono state da record.

Roberto Bartolini

Laureato in agraria all'Università di Bologna, giornalista professionista dal 1987, ha lavorato per 35 anni nel Gruppo Edagricole di Bologna, passando dal ruolo di redattore a quello direttore editoriale. Per oltre 15 anni è stato direttore responsabile del settimanale Terra e Vita. Oggi svolge attività di consulenza editoriale e agronomica, occupandosi di seminativi e di innovazione tecnologica.


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