Residui colturali, minima e micotossine: facciamo chiarezza

IMG-20180529-WA0000

Quando affrontiamo l’argomento della minima lavorazione e della semina su sodo, una delle obiezioni ricorrenti è che i residui colturali lasciati in parte o completamente in superficie, possano costituire una pericolosa fonte di inoculo per lo sviluppo delle micotossine su frumenti e mais. Quindi molti agricoltori ritengono che sia meglio interrare i residui con le arature. In questo articolo intendiamo fare definitivamente chiarezza sulla questione.

I fattori che favoriscono le infezioni fungine

Partiamo dallo sviluppo delle micotossine. I loro valori nelle granelle sono influenzati principalmente dall’andamento meteo dell’annata e soprattutto dallo stato di salute delle piante, che non devono trovarsi in condizioni di stress dovute a emergenze stentate e irregolari, alla competizione delle infestanti, alla carenza idrica o ad attacchi di insetti.

Le chiavi agronomiche per allontanare il pericolo

Il primo punto da seguire è evitare gli stress. Se l’agricoltore mette in campo tutte le buone pratiche agronomiche, fatta eccezione per l’arrivo di eventi eccezionali, le colture sono in grado di opporsi con le loro difese naturali alle avversità. Ma solo se godono di un buon stato vegetativo, cioè sono in buona salute. Quindi è determinante che il mais parta bene e per ottenere questo il bravo agricoltore sa come fare.

Un mais partito male e già in stress idrico come questo, sarà certamente più suscettibile ad attacchi parassitari di ogni genere.

Secondo punto: la rotazione e la diversificazione delle colture. Si tratta di uno dei pilastri fondamentali dell’agricoltura conservativa, perché minimizza il trascinamento temporale dell’inoculo fungino. Dunque è raccomandabile evitare le rotazioni troppo strette di graminacee (per esempio mais-grano).

L’avvicendamento tra cereali e leguminose è uno dei punti chiave per allontanare il pericolo delle micotossine.

Terzo punto: copertura permanente del suolo con le cover crops o colture di copertura. Si tratta di una pratica che, oltre ad arricchire il suolo di azoto e di sostanza organica, offre un alimento indispensabile alla crescita e alla diffusione dei microrganismi del terreno che con la loro attività diventano preziosi antagonisti naturali alla diffusione degli inoculi fungini, oltre a migliorare la fertilità fisica e biologica dei terreni.

Gli stessi residui colturali rimasti, in parte o in toto, sulla superficie del terreno a seguito di minime lavorazioni e/o sodo, sono un’altra fonte preziosa per i microrganismi, per i lombrichi e per l’aumento progressivo della sostanza organica.

L’adozione ogni anno delle cover crops è uno degli elementi decisivi per avere successo con le minime lavorazione e il sodo.

Il quarto punto riguarda l’utilizzo di prodotti naturali. Per il contenimento delle micotossine, soprattutto in aree storicamente molto sensibili, si possono utilizzare soluzioni efficaci di contrasto quali per esempio i prodotti naturali contenenti funghi antagonisti come Trichoderma spp.

La sperimentazione HelpSoil: otto anni di prove

A conferma di quanto esposto, riportiamo le conclusioni che sono il frutto di otto anni di sperimentazioni (2011-2018) condotte nelle tre aziende pilota dimostrative di Veneto Agricoltura (ValleVecchia, Diana, Sasse Rami) oltre che due aziende private partecipanti al progetto Helpsoil nelle quali sono state adottate le tecniche di agricoltura conservativa.

Questa sperimentazione di lungo periodo ha evidenziato che i livelli di micotossine, sia per il mais sia per il frumento, sono principalmente determinati dalle condizioni climatiche della stagione e da quelle pedologico-climatiche dell’azienda o area di produzione. Non vi è stata alcuna tendenza all’aumento dei valori di micotossine della granella sia di mais che di frumento analizzate che può essere imputato alla tecnica adottata. Teniamo presente che le prove sono state condotte paragonando l’aratura con la semina su sodo (abbinata alle cover crops), quindi con la tecnica che prevede la presenza dei residui colturali su tutta la superficie del terreno.

I dati a disposizione, dice il testo arrivando alle conclusioni delle prove, indicano che per il controllo delle micotossine, le raccomandazioni di continuare a monitorarne la presenza e di applicare le strategie per contenerne lo sviluppo, cioè tutto quello che abbiamo indicato, compreso l’utilizzo di funghi antagonisti quali il Trichoderma, sono potenzialmente valide sia per l’agricoltura convenzionale sia per quella conservativa.

Rileggiamo la misura 10 del Psr sulle tecniche conservative

Infine va ricordato che tutti i Psr regionali 2014-2020 prevedono, nell’ambito della misura 10, incentivi per ettaro a coloro che si impegnano per più anni ad abbandonare l’aratura, convertendosi a minima lavorazione, sodo, strip till e cover crops. Se l’Unione europea, il nostro ministero delle politiche agricole e le regioni hanno approntato questa misura, significa che l’allarme per lo stato di fertilità dei nostri terreni è molto alto ed è una delle priorità da affrontare.

Lo strip-till (lavorazione del terreno a bande) è una delle tecniche conservative premiate dai Psr.

Infatti, per esempio nelle premesse alla misura 10 del Psr della Regione Lombardia si legge testualmente:

“I terreni agricoli sono normalmente soggetti ad arature profonde e lavorazioni periodiche e rimangono privi di copertura vegetale per alcuni periodi dell’anno. Questa modalità convenzionale di coltivazione comporta una serie di effetti negativi quali emissioni di CO2, alti consumi energetici, riduzione della biodiversità e della sostanza organica, aumento dell’erosione e dell’inquinamento delle acque. La coltivazione dei terreni con tecniche di agricoltura conservativa è un’alternativa ai metodi tradizionali e consente di contrastare in modo efficace il degrado dei suoli, migliorandone la struttura, la resistenza all’erosione e al compattamento e la capacità di assorbire e trattenere l’acqua. L’agricoltura conservativa consente di ottimizzare l’uso delle riserve fossili e contrastare la riduzione della sostanza organica; la fertilità del suolo è gestita attraverso il mulching (cover crops), le rotazioni colturali e la lotta alle infestanti, mentre l’effetto del rimescolamento meccanico degli strati è sostituito con le azioni naturali ad opera della fauna tellurica, degli apparati radicali delle piante e dei microrganismi presenti nel terreno.”

Evidentemente chi decide gli indirizzi di politica agricola non reputa, a ragione, che l’adozione dell’agricoltura conservativa contrasti con la necessità di raccogliere prodotti sani e di alta qualità, perché altrimenti non avrebbe incentivato e finanziato la diffusione di queste tecniche. In effetti, i tantissimi agricoltori che adottano ormai da parecchi anni le tecniche conservative confermano che non è certamente imputabile a questi percorsi colturali sostenibili l’eventuale contaminazione della granella di mais e di frumento, ma piuttosto ad annate particolarmente avverse o a errori umani che purtroppo sono sempre dietro l’angolo.

Roberto Bartolini

Laureato in agraria all'Università di Bologna, giornalista professionista dal 1987, ha lavorato per 35 anni nel Gruppo Edagricole di Bologna, passando dal ruolo di redattore a quello direttore editoriale. Per oltre 15 anni è stato direttore responsabile del settimanale Terra e Vita. Oggi svolge attività di consulenza editoriale e agronomica, occupandosi di seminativi e di innovazione tecnologica.


Lascia un commento

Il tuo indirizzo mail non sarà pubblicato I campi obbligatori sono contrassegnati


Chi siamo

Nato nel 2014, Il Nuovo Agricoltore è un portale informativo dedicato all’agricoltura, con un occhio di riguardo alle innovazioni tecnologiche. Il progetto è sviluppato da Kverneland Group Italia.


CONTATTACI