Ridolfi: avanti con la minima, ma con le attrezzature giuste

Su 1500 ettari di frumento e orzo gestiti da Terratech di Ravenna, partner agromeccanico di qualità delle aziende agricole associate (4500 ettari di trebbiatura e 2300 lavorati ogni anno), ben 1200 ettari sono su minima lavorazione e 300 su sodo. Un bel successo in un territorio dove gli agricoltori continuano a voler vedere i loro appezzamenti ben affinati come tavoli da biliardo.
La minima lavorazione come “missione”
«È stata una missione tecnica tutt’altro che facile – afferma Andrea Ridolfi (nella foto), direttore di Terratech -ma possiamo dire che siamo riusciti a superare in gran parte le remore che tenevano lontani gli agricoltori dalle lavorazioni conservative. Vedere gli stocchi in superficie non è ancora facile da far digerire a molti imprenditori, ma l’aumento dei costi, oltre che gli innumerevoli vantaggi agronomici che si riscontrano anno dopo anno, stanno facendo breccia anche sulle convinzioni più radicate. In ogni caso teniamo ben presente che non esiste tecnica che vada bene per tutte le situazioni. L’importante è saper essere flessibili e applicare ciò che tecnicamente è più conveniente, analizzando bene caso per caso».
Il sodo rimane ancora una nicchia
E il sodo?
«Abbiamo iniziato vent’anni fa con le prime esperienze e inizialmente fu un successo, ma l’eccessiva applicazione, anche quando le condizioni ambientali e dei terreni lo sconsigliavano, ne ha determinato il successivo declino. Oggi il sodo viene applicato, quando si può, esclusivamente su una parte di frumento e orzo e anche sul sorgo da biomassa seminato in secondo raccolto. Quest’anno con questo sistema abbiamo prodotto oltre 20 tonnellate di sostanza secca per ettaro».
Dunque avanti tutta con la minima lavorazione.
«Sì, la minima lavorazione senza rivoltamento della fetta del terreno nelle sue diverse declinazioni, grazie alla diffusione di attrezzature sempre più performanti, sta fornendo risultati economici positivi a confronto con le lavorazioni tradizionali, anche se poi occorre disporre di seminatrici adatte a deporre il seme su terreni con residui colturali e poco affinati».

Importante scegliere la seminatrice giusta
A questo proposito quest’anno avrete la nuova Optima HD V di Kverneland.
«È una seminatrice che ci è molto piaciuta non solo per il fatto che permette di seminare sia a 75 sia a 45 cm di interfila, ma anche grazie al sistema Geoseed che evita qualsiasi spreco di semente e consente di ottimizzare le densità di semina a seconda delle diverse condizioni operative».

Quali sono i punti forti di una buona seminatrice?
«Alta pressione al suolo dell’elemento di semina con possibilità di regolazioni semplici e veloci, disco di semina capace di aprire bene il solco, possibilità di distribuire concime e geodisinfestante contemporaneamente al seme, efficace chiusura del solco di semina per far aderire bene il terreno al seme per pronte emergenze».

Lo strip-till dietro l’angolo
E lo strip tillage?
«È una tecnica, quella della semina su bande lavorate alternate a porzioni di terreno ricoperte dai residui, che guardiamo con molta attenzione, ma occorre che l’agricoltore venga invogliato con qualche incentivo a metterla in campo. Spero che i prossimi PSR della nuova PAC ci diano una mano per introdurre anche questo sistema di gestione del terreno, che senza dubbio sta fornendo risultati interessanti».