Come aumentare la sostanza organica nei terreni agricoli
I terreni agricoli producono di meno rispetto a 20-30 anni fa e lo sforzo di trazione è in costante aumento, a parità di superficie lavorata. Infatti anche il suolo coltivato è sempre più sensibile al clima che cambia; perciò dobbiamo chiederci se non sia il caso di ripensare alla gestione agronomica dei suoli, in modo da tentare di invertire la rotta.
Le scelte agronomiche corrette
In un articolo pubblicato su Il Contoterzista di giugno 2024, Roberto Guidotti richiama il ruolo cruciale del carbonio organico, che può assorbire acqua quasi cento volte il suo peso, ricordando che l’Unione europea con il Green Deal si era posta l’obiettivo di raddoppiare il contenuto di sostanza organica nei suoli entro il 2050. Dunque, ripensare alla gestione del terreno significa fare scelte agronomiche che incrementino il contenuto di sostanza organica, puntando su:
- Apporto di residui colturali e semina ogni anno delle cover crops.
- Preferire colture che lasciano molti residui, come sorgo e mais da granella.
- Utilizzare la paglia dei cereali vernini, che non vale solo come sottoprodotto, ma anche per i benefici apportati al suolo.
A questo punto va rimarcato il ruolo chiave delle lavorazioni conservative che, rispetto alle classiche arature seguite da erpicature, proteggono la sostanza organica nel corso della sua decomposizione e trasformazione in humus.
I danni causati dagli utensili rotanti
Ma perché l’erpice rotante è da sconsigliare di fronte a questa situazione di crisi di fertilità dei suoli? Perché gli utensili rotanti, osserva Guidotti (e noi siamo concordi con lui), con le loro zappe e coltelli sminuzzano eccessivamente il residuo vegetale, accelerandone la decomposizione, e disturbano la fauna terricola riducendone l’attività, che è fondamentale per la produzione di humus. Invece le lavorazioni conservative (minima, strip tiller e sodo) permettono la formazione di aggregati più stabili nel suolo, con la sostanza organica che fa da collante. A questo punto vediamo dunque come comportarsi in diversi ambienti di lavoro.
Ambienti caldo-aridi
Negli ambienti caldo-aridi, osserva Guidotti, i residui colturali vanno portati a una profondità tale da mantenere un certo grado di umidità, evitando l’azione diretta del sole. La materia organica va distribuita lungo uno strato non troppo profondo, per mantenere il contatto con l’atmosfera e permettere la vita degli organismi terricoli.
In queste situazioni si possono usare attrezzature come erpici a dischi di moderna concezione, ma anche aratri con vomeri a losanga, eventualmente preceduti da una discissura, nel caso il terreno risulti costipato o si prevedano ristagni idrici.
Ambienti freddo-umidi
Negli ambienti con clima freddo-umido, Guidotti indica come ideale una lavorazione a strisce per frantumare i residui vegetali più coriacei, consentendo agli organismi terricoli che vivono nella parte di terreno non lavorata di colonizzare velocemente anche la parte lavorata. Con l’aumentare dell’umidità o con il diminuire della temperatura, la sostanza organica potrebbe decomporsi in tempi adeguati anche rimanendo in superficie e questo accade se si adotta la tecnica del sodo.
Puntare sulle cover crops
Nell’ottica di una nuova gestione dei nostri terreni, le cover crops hanno un ruolo molto importante per incrementare il tenore di sostanza organica.
Un cereale vernino apporta in media 3-4 tonnellate all’anno fra paglia e residui, quindi l’aggiunta di altre 3-4 tonnellate derivanti dalla cover dimezza i tempi di recupero di fertilità. Inoltre l’incremento di materiali organici allunga il periodo nel quale il suolo è in condizioni di “tempera” e consente quindi di ridurre lo sforzo di trazione, limitando i consumi di gasolio. Ma per fare tutto questo, esorta in conclusione Guidotti, bisogna sbrigarsi, perché i nostri terreni si stanno impoverendo sempre di più.
Un commento
Luca Prada
8 Luglio 2024 at 2:58 pm
Buongiorno,
Il problema lo si ha in zone particolari tipo quella del parmigiano-reggiano, in cui bisogna combinare minime lavorazioni e reflui e le covercrops non son ben viste..almeno qui da me in provincia di parma.
Riuscite a dare qualche esempio per zone in cui non si può insilare e difficilmente si puó irrigare?
Grazie