Euroattacco a grano e mais, l’Ue cambia le pianure italiane

P1050421

Nei giorni scorsi alcuni quotidiani italiani hanno gridato allo scandalo (“Stop per un anno a grano e mais: così la Ue cambia le grandi pianure italiane”, titolava per esempio tre giorni fa il Corriere della Sera); “Euroattacco: addio alle spighe di grano”, si leggeva su L’Identità; “Dal 2024 stop alla coltivazione di grano e mais in Pianura Padana”, ha scritto Cremona Oggi). Ma come sempre succede ai giornalisti “non agricoli”, con la foga di fare un titolo accattivante, si finisce per scrivere assoluti strafalcioni che, anche in questo caso, possono mettere inutilmente in allarme i cittadini-consumatori.

La notizia bomba proveniva dall’area economica di Confagricoltura, che per bocca del responsabile Vincenzo Lenucci ha pensato bene di dare in pasto alla stampa quotidiana la notizia, ben nota da oltre un anno a tutti gli agricoltori, che dal 2024 entrerà in vigore l’obbligo di rotazione delle colture sulle singole parcelle iscritte alla Pac. Ma il controllo verrà fatto nel 2025 sul 2024. Quindi è errato scrivere “addio al grano e al mais nel 2024”, perché, tranne alcune eccezioni per coloro che hanno aderito all’eco-schema 4 e ad alcune misure agroambientali, il prossimo anno si potrà riseminare sulla stessa superficie la medesima coltura del 2023.

Invece di criticare l’Ue, bisogna intervenire sul ministero

Dato che il problema nascerà nel 2024 sul 2025, ci domandiamo perché Lenucci e Cesare Soldi, il presidente dei maiscoltori italiani che si è unito al lamento di Confagricoltura, invece di piangere sul latte versato (ma dov’erano nel corso delle infinite riunioni che hanno preceduto la stesura del piano Pac italiano?), non si diano da fare affinché i funzionari del Ministero dell’agricoltura gettino nel cestino una volta per tutte quello sciagurato obbligo di raccolta della coltura secondaria, inserito in una recente FAQ su Rete Rurale, sul quale ci si sta accapigliando inutilmente da alcuni mesi.

La soluzione è la coltura secondaria, ma…

In realtà, l’asso nella manica che risolve gran parte dei problemi c’è. Infatti, almeno per la pianura padana, l’obbligo di rotazione è aggirabile con tante soluzioni colturali anche per gli allevatori. Prima tra tutte la semina di una coltura secondaria, come senape e rafano, ammessa dalla norma della rotazione, senza tuttavia inserire l’assurdo obbligo di doverla per forza raccogliere.

Tuttavia, «e adesso che facciamo?», ha scritto il Corriere della Sera, continuando con parole da libro Cuore: «Il Tavoliere delle Puglie senza la distesa ondeggiante di spighe di grano mosse dal vento è una rivoluzione culturale, non solo colturale». Invece al sud, per il grano duro, i coltivatori pugliesi saranno esentati dall’obbligo di rotazione. Come spiega infatti l’agronomo Angelo Frascarelli: «Nelle parcelle a seminativo condotte in regime di aridocoltura, giustificabile sulla base del clima caldo-arido e delle caratteristiche del terreno, è ammessa la coltivazione della stessa coltura sul medesimo per due anni consecutivi (per esempio il grano duro), a condizione che il terreno sia inserito in una rotazione almeno triennale e che una quota pari ad almeno il 35% della superficie delle parcelle dell’azienda sia destinata ogni anno a un cambio di coltura principale».

L’individuazione delle aree in regime di aridocoltura compete alle Regioni. La Regione Puglia, con delibera della giunta regionale dell’8 agosto 2023, ha individuato l’intera Regione a clima caldo arido, quindi si potrà derogare per quanto riguarda i terreni a seminativo condotte in regime di aridocoltura. È evidente che altre regioni del sud, dove è necessario preservare il grano duro, dovranno darsi da fare per decretare il regime di aridocoltura. E il gioco è fatto.

Allora dove sta il problema, se le soluzioni ci sono? Perché chi ha parlato con i giornalisti, oltre a porre il problema, non ha anche indicato le soluzioni?

Roberto Bartolini

Laureato in agraria all'Università di Bologna, giornalista professionista dal 1987, ha lavorato per 35 anni nel Gruppo Edagricole di Bologna, passando dal ruolo di redattore a quello direttore editoriale. Per oltre 15 anni è stato direttore responsabile del settimanale Terra e Vita. Oggi svolge attività di consulenza editoriale e agronomica, occupandosi di seminativi e di innovazione tecnologica.


Lascia un commento

Il tuo indirizzo mail non sarà pubblicato I campi obbligatori sono contrassegnati


Chi siamo

Nato nel 2014, Il Nuovo Agricoltore è un portale informativo dedicato all’agricoltura, con un occhio di riguardo alle innovazioni tecnologiche. Il progetto è sviluppato da Kverneland Group Italia.


CONTATTACI